Lettera a commento del Congresso del Partito Sardo d’Azione – marzo 1995

Caro Condirettore,
che dire? Grazie dell’affettuosa stima. Ho voluto lasciar passare ventiquattro ore prima di rispondere alla sua – come dice – graditissima lettera; emozione e, perché no, una certa commozione possono giocare brutti scherzi.
Lei è stato nel corso di questi ultimi dieci anni un interprete sempre attento, severamente critico, inflessibilmente onesto, spesso, ingiusto del mio impegno politico e di governo. Ecco perché Lei sa bene che non mi sento affatto sconfitto ma, se mai, esaltato dal consenso che si è raccolto in Congresso intorno alla linea da noi sostenuta. Certo vivo il rammarico di una maggioranza mancata per pochi voti e, sul piano umano, d’essere stato contrapposto all’avv. Franco Meloni al quale ho tributato in tutti questi anni stima, amicizia e operante solidarietà.
Ma la politica evidentemente non tiene molto conto, ed è forse giusto, dei rapporti umani.
Non di meno sarebbe stato più esaltante per il Partito un’elezione di larga maggioranza del suo Presidente.
Come il suo giornale ricorda, ero disposto a ritirare la mia candidatura e l’ho detto allo stesso Meloni nel corso della mattinata, prima che si attivassero i meccanismi procedurali delle candidature.
Purtroppo sembra che neanche Meloni sapesse di essere candidato per cui ce ne andammo a pranzo assieme conversando di tutt’altre cose.
Solo nel pomeriggio, quando la macchina elettorale era già proceduralmente, ma soprattutto politicamente, avviata Meloni mi ha proposto di ritirarci entrambi.
Ottima cosa sul piano personale, ben più difficile su quello politico.
Argomento chiuso quindi. Auguro a Meloni di ritrovare in se stesso la forza morale e politica per garantire al Sardismo di esprimersi con tutta la ricchezza delle sue diversità.
Non mancherà certo il mio sostegno per fare Sardismo; Sardismo a tutto campo, un Sardismo che non conosce frontiere, che si alimenta di radici ma che vive il respiro internazionale che era nell’intuizione dei Padri fondatori e nella realtà del nostro tempo.
Un Sardismo che si chiude nell’apparato di un’organizzazione gerarchizzata, autoritaria e sanzionatoria non interessa più nessuno perché sterile e senza futuro.
Serve solo come macchina elettorale o poco più, non per fare politica.
Continuerò con tutti quelli che ci credono a fare Sardismo, riproponendolo ai giovani come valore creativo, capace di rinnovarsi nel quotidiano evolversi delle chimiche sociali, economiche, istituzionali e sono convinto, a giudicare dagli interventi cui sono chiamati sempre più spesso nei pubblici dibattiti, come negli scritti con i quali arricchiscono il nostro quotidiano interesse al nuovo, che fra questi giovani militano in prima linea figure come Michele Columbu, Giovanni Lilliu e tanti altri. È vero, non hanno potere, ma hanno idee.