Transito di gas naturale – Parlamento europeo – 9 luglio 1990

Signor Presidente, noi condividiamo l’iniziativa comunitaria e giudichiamo positivamente questa direttiva in quanto rivolta a facilitare l’integrazione europea in un settore fondamentale quale, come pure ad organizzare in termini competitivi ed equi la distribuzione, avendo di mira il miglioramento quantitativo della produzione e, soprattutto, la riduzione dei costi e, quindi, un risparmio effettivo a favore dell’utenza. Gli effetti «a cascata» sulle altre attività a valle e sull’utenza civile, si concreteranno, in un risparmio complessivo su tutto l’indotto industriale, ben oltre i 500 milioni di ECU preventivati.
Non mancano però motivi di perplessità e di riserva. Infatti, perché riferirsi alla sola tutela del gas naturale e non estenderla al gas di sintesi, quando questo sia offerto sul mercato a prezzi concorrenziali al gas naturale? Trattandosi qui, di regola, di un sottoprodotto di processo industriale finalizzato ad altre produzioni, quali l’energia termoelettrica quella prodotta da gas di carbone o chimica, sarebbe anche qui lecito attendersi sensibili risparmi.
Le reti non dovranno comunque trasformarsi i fattore di concorrenza per forme alternative concorrenziali alle produzioni energetiche locali, qua l’energia idroelettrica di origine corsa o quella ottenibile dalla gassificazione del carbone sardo. In questi casi dovrà acquisirsi, oltre al consenso dello Stato membro, anche quello degli Enti regionali ai quali competono il diritto e il dovere – politico e storico – di elaborare linee di sviluppo chi siano anzitutto espressione delle risorse locali. Altrimenti rischiamo di perpetuare, in forme più moderne magari, ma non meno oppressive, un colonialismo di tipo padronale che ha espropriate e continua a minacciare di espropriazione il diritto all’autogoverno dei popoli.
Sarebbe invero iniquo, inaccettabile e contro il diritto naturale delle genti, realizzare reti di gasdotto a servizio di collettività, in grado di produrre energia con costi di investimento e di gestione sensibilmente e, in particolari casi, enormemente più bassi, mediante l’impiego, come nel caso della Corsica e della Sardegna, di risorse locali disponibili in sito, come l’acqua e il carbone. I benefici qui non sarebbero solo economici ma anche politici e sociali, perché garantirebbero, con l’autonomia energetica, il ruolo manageriale ed industriale locale. In caso contrario, i gasdotti verrebbero pensati e realizzati per servire, non già le popolazioni, ma piuttosto gli interessi dei produttori e dei distributori di gas, gli industriali, pubblici o privati, che costruiscono i gasdotti stessi.
Voglio esprimere la certezza che questo gasdotto sardo-corso venga realizzato con il pieno consenso delle popolazioni, e non solo dei Ministri dell’industria di Stato, sempre alla ricerca di commesse che legittimino la loro esistenza. L’Europa dei popoli non è uno slogan da comizio, ma un principio democratico che ha la forza della storia.
Con questo mio intervento ho inteso portare il mio contributo affinché questa iniziativa valida, e da noi condivisa, perché può aiutare, in termini di pluralità di offerta, le regioni emarginate ed in crisi di sviluppo quali, appunto, la Corsica e la Sardegna, non serva a dissimulare operazioni che con lo sviluppo e l’integrazione dei popoli hanno ben poco in comune, come sottolineava poc’anzi il collega Bettini, e che mal celano quelli che sono i veri interessi di alcuni: vendere e niente dare.