Intervento al Convegno del Credito Industrial Sardo – Cagliari – 1984-’89

Nel porgere il saluto della Giunta Regionale a questa Assemblea del Credito Industriale Sardo, il cui bilancio del decorso esercizio è stato testé illustrato, desideriamo esprimere un giusto apprezzamento per l’attività svolta pur in presenza di una crisi profonda che investe l’economia isolana. Una crisi che deve vedere tutti impegnati, dalle forze politiche, sociali e culturali, in una vasta, e incisiva opera di risanamento, che offra soluzioni capaci di rimuovere alle radici le cause del relativo sottosviluppo della nostra vita economica e sociale.
E tra quanti hanno operato in tal senso, il mio pensiero non può non ricordare, con commosso rimpianto, la persona del Sen. Luigi Pirastu, che con alto senso morale e vivezza d’ingegno, ha saputo prodigare fino all’ultimo le sue energie, e nell’ambito del Comitato per la Programmazione Regionale e all’interno del Consiglio di Amministrazione di questo Istituto, nel servire i più alti interessi della Sardegna, avendo sempre costantemente presente l’esigenza di un impegno incessante e tenace, per garantire all’economia sarda e alle sue forze di lavoro prospettive concrete di sviluppo e di stabile occupazione.
Un esempio che ci ricorda, tra l’altro, la necessità di non arrestarci ai traguardi raggiunti. Ai risultati che oggi il C.I.S. ci presenta, occorre aggiungerne altri, assai più rilevanti per il nostro futuro; nuovi importanti appuntamenti ci attendono per assicurare all’economia sarda, alle sue forze di lavoro risposte tempestive, adeguate al momento che viviamo, capaci di aprire un ciclo meno tormentato ed incerto dell’attuale.
La fase che attraversiamo è, infatti, assai più grave di quanto non si evinca dalla rapida sintesi del quadro economico regionale, con cui si apre la relazione illustrativa del Bilancio.
Per tutte le industrie di base – dalla chimica alla miniere e alla metallurgia – per i trasporti interni ed esterni, per l’energia, i cui alti costi penalizzano fortemente le imprese sarde, sfiancandone gli sforzi posti in essere per mantenersi competitivamente presenti sul mercato – assistiamo infatti ad una miope politica liquidatrice perseguita dagli Enti e dalle aziende a partecipazione statale, mentre il Governo, come stamane abbiamo fatto presente al Presidente del Consiglio, in assenza di una corretta programmazione industriale, lascia alle sole forze del mercato la conduzione della politica economica del Paese.
A far fronte a questa situazione difficile resta, perciò, soltanto la Regione con i suoi limitati poteri decisionali, che le derivano da un sistema di autonomia, che non è più al passo coi tempi, dimezzato, e avvilito per di più da un centralismo statale che assume decisioni così gravide di conseguenze per le sorti della nostra economia, senza alcun coinvolgimento, peraltro costituzionalmente garantito (art. 51 dello Statuto), di chi legittimamente è investito dei poteri di rappresentanza della collettività sarda.
Ma è soprattutto con riferimento al sistema bancario e creditizio che occorre, in questa sede, richiamare vivamente l’attenzione delle forze politiche ed ancor più delle Autorità monetarie del Paese, sull’esigenza di superare, nell’interesse preminente dello sviluppo della produzione e della difesa dell’occupazione, i limiti strutturali ed i criteri operativi che informano attualmente e caratterizzano le politiche creditizie e i comportamenti delle banche.
Deve infatti cessare l’esasperato drenaggio di denaro e di mezzi finanziari che, raccolti in Sardegna, si indirizzano verso altre regioni, che determina una esportazione netta di risorse che lascia languire nella crisi la nostra economia e affossa le nostre imprese.
Il sistema creditizio deve abbandonare la politica fin qui seguita, che non collima con gli interessi di un reale sviluppo economico della regione, perché determina una preclusione di fatto alle imprese sarde nell’accesso ai finanziamenti indispensabili per il loro risanamento, per l’ammodernamento tecnologico degli impianti e la provvista di liquidità per le normali esigenze di gestione dei cicli produttivi e commerciali. Anche le aziende di credito, come tutte le altre imprese e realtà produttive, devono saper correre un giusto rischio e praticare una politica dei tassi di interesse improntata a criteri di equità e di progresso economico e sociale.
Noi infatti siamo fermamente convinti che si possa e soprattutto, si debba rivedere radicalmente, proprio alla luce delle esigenze reali di sviluppo della nostra Regione, la politica del credito, per ridurre i costi insopportabili della intermediazione, per migliorare le prestazioni di servizi offerti agli operatori, tenendo conto della specificità e delle diseconomie, che le imprese sarde sopportano, in modo che il sistema bancario sia finalmente un volano attivo, una infrastruttura di propulsivo e reale sostegno allo sviluppo economico della regione.
Come è possibile programmare lo sviluppo delle imprese, mantenere la competitività sui mercati, quando il costo del danaro risulta così elevato da impedire margini di renumerazione al capitale produttivo investito, sottraendo risorse preziose proprio nel momento in cui più viva e pressante è l’esigenza di disponibilità liquide?
(…)sia di natura immobiliare, assicurativa e personale, che talvolta derivano dalla necessità di vincolare l’imprenditore alla sua azienda, ma spesso risultanto del tutto ingiustificate.
Tutto ciò conduce all’impossibilità per le imprese di operare in condizioni di sana e giusta assistenza da parte del credito, concorrendo a determinare un clima del tutto sfavorevole all’azione degli operatori, che frena qualsiasi slancio, che preclude ogni possibilità di intraprendenza e in pratica accresce gli stessi fenomeni di crisi in cui si dibatte l’economia isolana.
Noi vorremmo ben altro da una politica creditizia: vorremmo che la forbice tra raccolta (6000/7000 miliardi di lire) e gli impieghi (2500/3000 miliardi) nel sistema produttivo isolano si riducesse sensibilmente, come pure si riducessero i differenziali sui tassi attivi praticati in Sardegna e nelle regioni più avanzate.
Vorremmo ancora, perché sappiamo che è fattibile, che le aziende utilizzassero gli utili ingenti derivanti dalle loro gestioni (circa 20.000 miliardi di lire in tutta Italia) per estendere in Sardegna la rete dei loro sportelli che è tra le meno articolate rispetto al resto del Paese; per migliorare i servizi finanziari e di assistenza sui mercati nazionali e su quelli esteri ma soprattutto, per assumere di fronte alle iniziative prospettate dagli operatori, una ben maggiore capacità di assumere in proprio parte dei rischi senza elevare invece, come ora fanno, i tassi, scaricando tutto l’onere sulle imprese.
È dunque quanto mai necessario operare una svolta in questo settore.
Ancora una volta dobbiamo contare sulle nostre forze, perché niente di quello che abbiamo e di quello che ci potrà venire, ci è stato o ci sarà regalato.
E i termini, oltre che l’esigenza stessa di realizzare una profonda innovazione anche in questo settore, sono sotto i nostri occhi: da un lato la crisi economica e l’urgenza di aprire nuove prospettive; dall’altro lato, l’insufficienza e l’inadeguatezza di iniziative in settori avanzati e diversi, capaci di spingere il sistema produttivo isolano verso nuovi orizzonti e, al tempo stesso, di influire concretamente per saldare, su linee più evolute, l’intero apparato economico regionale.
Tutto ciò impone la creazione di forme idonee di interventi, per uscire con decisione dall’inerte passività del sistema creditizio isolano. Forme che a tutt’oggi mancano, e la cui assenza restringe fortemente ogni credibile e concreta azione, volta a gestire efficacemente la crisi, che ormai da troppi anni vede il declino degli investimenti per nuovi impianti e alimenta i danni della disoccupazione e della Cassa integrazione.
È perciò ormai improrogabile, se non vogliamo ripercorrere strade già percorse da altri in passato, con esiti disastrosi tanto per gli Enti – che si sono trovati investiti di compiti impropri alla loro natura e capacità operative – quanto per le imprese che si sono trovate prive di strutture finanziarie moderne – competitive nel fornire i mezzi e l’assistenza richiesta – procedere con immediatezza a ridisegnare il quadro degli organismi strumentali alla politica di sviluppo regionale.
Occorre dunque affiancare alle azioni che già ora svolgono il Credito Industriale Sardo, nel campo del finanziamento a medio termine, e la SFIRS, nel campo delle azioni di pronto intervento a salvataggio delle imprese, una struttura idonea, del tutto nuova sulla scena regionale, che possa operare specificatamente per la promozione e lo sviluppo di nuove e indispensabili intraprese economiche.
Intendiamo riferirci ad esperienze positive, già consolidatesi in altri contesti economici, che hanno saputo dotarsi e avvalersi dei servizi resi da società di consulenza e intermediazione finanziaria, operanti come soggetti insostituibili di sviluppo economico, di innovazione manageriale e tecnologia efficace, di coinvolgimento reale di partner preziosi, provenienti dalle nostre e altrui file imprenditoriali, capaci nel focalizzare obiettivi e nel realizzare programmi operativi aziendali.
Un soggetto economico-finanziario, dunque, del tutto nuovo, di cui la Regione avverte tutta l’importanza, al quale la stessa Regione, ma non essa sola, fornirà le risorse finanziarie occorrenti alla sua dotazione iniziale, chiamando quindi anche altri Istituti e aziende di credito ad investire in questa operazione di ampio respiro, mezzi finanziari che altrimenti resterebbero inutilizzati per ogni qualsivoglia operazione economicamente e socialmente utile alla nostra regione.
Una società, quindi, specificatamente rivolta allo sviluppo delle iniziative imprenditoriali che, dovrà procedere, secondo le migliori tradizioni che in questo campo sussistono anche nel nostro Paese (Mediobanca), lungo alcune direttrici di fondo: assicurarsi ai diversi livelli le imprenscindibili capacità di management; contraddistinguersi per l’efficienza dei servizi reali e finanziari resi; caratterizzarsi per lungimiranza e indispensabile attitudine al rischio e alla sua valutazione; attrezzarsi, infine, per un effettivo ricorso al marketing, sia per le proprie prospezioni ed iniziative di sviluppo, sia per l’azione, di assistenza allargata ed estesa all’imprenditorialità locale.
Il quadro della manovra a breve termine in campo creditizio dovrà, inoltre, estendersi alla rapida riattivazione, per la quale ci siamo adoperati, della L.R. n. 66, al fine di garantire, una volta ricondotta la normativa entro i criteri della vigente legislazione comunitaria, sia alle imprese in crisi e sia, soprattutto, ai lavoratori, un sostegno efficace e tempestivo da parte della Regione Sarda, che serva a contenere i danni più immediati derivanti dalla crisi in atto.
Siamo, infatti, consapevoli della gravità della congiuntura. Ma da parte mia personale e dell’Amministrazione, che ho l’onore di presiedere, sono certo che non sarà risparmiata alcuna possibilità che possa risultare utile e vantaggiosa per la nostra economia regionale, per i nostri lavoratori, per tutti i nostri concittadini.