Discorso per i festeggiamenti del 25 Aprile

Cari concittadini
per noi Sardisti il 25 aprile è una data storica ricca di significati  di alto valore politico.
In questo giorno noi celebriamo infatti la vittoria della democrazia sulla dittatura fasciata,della libertà sulla violenza, dell’indipendenza nazionale sull’occupazione nazista.
Ricordiamo con rispetto, affetto  e gratitudine quanti hanno combattuto e sacrificato sin anche la vita per questi  valori, restituendo al nostro Paese quel regime di libertà che vent’anni  di fascismo avevano brutalmente  soppresso.
È in tanta schiera di luminose figure di eroi vogliamo ricordare in particolare la fulgida figura del nostro concittadino Piero Borrotzu, morto per non tradire, volontariamente offertosi ai suoi carnefici per salvare la vita di anonimi ostaggi che i plotoni  di esecuzione nazisti stavano per fucilare.
Piero Borrotzu, figlio di popolo, espressione autentica e profonda della dignità e del coraggio  della gente oranese, resta per noi insegnamento e  simbolo  dei valori più alti del vivere civile.
I valori della Resistenza, amici oranesi, voi lo sapete bene, hanno però origini più lontane.
Risalgono  allo  storico impegno delle masse popolari  sarde raccolte prima nel movimento  dei combattenti e poi nel Partito  Sardo  d’Azione  sotto l’insegna fatidica dei quattro mori, divenuta oggi il  simbolo unitario, la  bandiera  stessa della  Regione  Sarda.
Io ricordo, bambino quei giorni drammatici e gloriosi e seguivo affascinato i Lussu, i Giacobbe, gli Oggiano, ma soprattutto la  fiaccola di luce che è stata per tutti noi, oranesi in particolare, Marianna Bussalai; donna  dal cuore intrepido che fece della sui vita una missione, ricca di coraggio e di fede nei valori perenni di libertà e  di giustizia.
A lei  e a Piero vanno in particolare  in questo  giorno  il nostro pensiero ed il nostro affetto per l’insegnamento che, con la loro  vita e il loro sacrificio, hanno profuso in mezzo a noi.
La Sardegna ha ben diritto di guardare alla Resistenza come ad un valore sofferto ed onorato non nelle vuote e demagogiche celebrazioni di rito ma con il sacrificio e l’esempio dei suoi figli migliori.
Perseguitati ed incarcerati per la loro fede antifascista sono stati Antonio Gramsci, Emilio Lussu, Giovanni Lai, Diddino Chironi operaio tipografo di Nuoro per chi non lo ricordasse, Franchi, Francesco Fancello, G.Battista Melis, Pintus, Salvatore Mannironi, Ennio Delogu e tanti tanti altri nomi importanti ed oscuri accomunati tutti da una fede incrollabile in nome della quale hanno sfidato e subito la violenza fascista.
Ma la celebrazione che oggi ci vede qui raccolti tradirebbe il suo significato intimo e profondo se ci limitassimo a ricordare il passato.
La Resistenza è un valore politico e ideale soprattutto per le nuove generazioni. È un insegnamento ed una guida per il tempo presente, un grande patrimonio morale al quale attingere per l’avvenire.
Il nostro Paese attraversa oggi un momento altamente drammatico,
non solo per la crisi economica ma per l’attentato quotidiano che l’eversione di chiara marca fascista, comunque mascherata, sta portando alle libere istituzioni dello Stato.
La violenza sta riesplodendo in focolai diversi apparentemente contraddittori ma sostanzialmente volti a rompere il movimento unitario delle forze politiche democratiche, nate dalla Resistenza che si riconoscono nei valori di libertà consacrati nella Costituzione.
Si mascherano, dicevo, con etichette diverse talune di sinistra altre di destra, ma noi non possiamo, non dobbiamo cadere nella loro trappola.
Il gioco è ormai scoperto, evidente e miserabile. Si vuole risuscitare la tesi degli opposti estremismi per condurre il Paese ad una spaccatura ed allo scontro frontale.
Si vuole in buona sostanza precipitare il Paese nella cosiddetta strategia della tensione perché le forze politiche democratiche dalla collaborazione passino allo scontro, dall’intesa alla rottura di ogni dialogo.
In questi trent’anni di vita repubblicana il motivo dominante è stato in fondo questo: il progressivo avvicinarsi delle masse popolari alle leve dello Stato e, per contro, il tentativo di tenervele lontane.
Le lotte sindacali portate avanti dalle masse contadine, dagli opera dagli intellettuali, dai lavoratori: tutti hanno profondamente modificato i rapporti di forza nel Parlamento e nel Paese per cui è impensabile gestire lo Stato da una parte a danno dell’altra e viceversa.
Si impone quindi un dialogo franco ed aperto intorno ai grandi problemi che travagliano la nostra società per operare scelte ed individuare soluzioni che siano comuni.
Il potere pubblico, democrazia lo vuole, deve fondarsi sul consenso popolare e questo si esprime nelle forme rappresentative ed istituzionali nate dalla Costituzione repubblicana.
Con la violenza si vuole fermare tutto questo, si vuole sconvolgere il quadro politico, rovesciare le istituzioni, spegnere le libertà ed instaurare ancora una volta la cupa notte della dittatura.
Celebrare oggi la Resistenza significa difendere lo Stato nelle sue libere istituzioni, prima fra tutte quella parlamentare; migliorarle certo renderle più agili, giuste e moderne, ma non ucciderle.
Celebrare la Resistenza significa esaltare i valori dell’autonomia regionale, del potere finalmente riconosciuto al popolo di essere protagonista e artefice della propria crescita economica, sociale, culturale e civile.
Celebrare la Resistenza significa creare nuove fonti di lavoro e di occupazione per i giovani, operai o studenti, artigiani od impiegati.
Celebrare la Resistenza significa infine fare una scelta di vita nell’unità delle forze più diverse per ideologia e classe sociale, all’insegna dei principi di libertà e di giustizia da cui la Resistenza è nata.