Lettera ai Sardisti in preparazione del Congresso del P.S.d’Az. – Sassari – 1 Luglio 2000

Cari amici,
in sede di Congresso nazionale del Partito sardo sento di dover sottoporre alla vostra attenzione alcune riflessioni sull’attuale momento politico e sul ruolo del Partito.
Ho letto con interesse le mozioni predisposte da diversi amici trovandole interessanti, soprattutto sotto il profilo della coerenza con i principi generali sui quali si fonda la ragion d’essere del partito sin dalla sua origine.
Credo però che il prossimo futuro riservi ai sardisti, militanti o no nelle nostre sezioni, un ruolo essenziale cui ci dobbiamo preparare.
Siamo tutti consapevoli della travolgente crisi che ha investito i partiti – nostro compreso – commettendo l’errore di individuarne la causa in tangentopoli, la verminaia delle mille corruzioni e dei corrotti esposti dalla magistratura al pubblico disprezzo.
Sono invece convinto che all’origine dello sfascio sia la crisi dello Stato  centralista che, avocando ai propri vertici le decisioni più interessanti e vitali per lo sviluppo economico e civile del Paese, ne è stato espropriato dai partiti che si sono sostituiti alle istituzioni (Governo e Parlamento) ridotti a cinghia di trasmissione di quanto, di volta in volta, concordato, nelle segrete stanze, dai segretari di partito e loro burocrazie. L’immenso potere esercitato al coperto da qualsivoglia controllo è all’origine dei peggiori ricatti, complicità e ladrocini.
In sostanza però ad essere stato espropriato di ogni suo potere è il popolo perché, pur facendo precise scelte nel preferire un candidato anziché un altro, di fatto viene deluso nelle sue attese dato che sul voto del deputato eletto ha sempre deciso la segreteria del partito.
Questo fenomeno, e la crisi paralizzante che ne è conseguita, attesta il fallimento dello Stato centralista e quindi la necessità di rifondarlo su basi  federaliste in virtù delle quali tutto il potere deve tornare al popolo che lo esercita attraverso le istituzioni della democrazia di base: gli enti locali e, per quanto attiene alle scelte legislative, programmazione, coordinamento ed indirizzo, all’istituzione Regionale. Mentre al Governo e Parlamento nazionale residueranno solo le competenze su materie che superano i confini regionali: difesa del territorio dello Stato, politica estera, moneta e, ai soli fini integrativi – per garantire a tutti i cittadini i diritti civili fondamentali, quali giustizia, sanità, sicurezza, istruzione pubblica etc. – interventi straordinari, ove la comunità regionale, per qualsivoglia motivo, non ne assicuri il legittimo esercizio.
La politica di ogni Regione comporta scelte rilevanti, localmente decisive per lo sviluppo in virtù di problemi peculiari, specifici e, in gran parte, diversi da regione a regione. Ne deriva di conseguenza che anche gli strumenti politici, cioè i partiti, debbono essere regionali.
Ecco, secondo me, il ruolo attuale del partito. Incalzare le forze politiche e le correnti di opinione pubblica sarde, perché si organizzino sul piano esclusivamente regionale, rifiutando qualsivoglia subalternità da vertici romani. Con i partiti omologhi operanti nelle altre regioni potranno e dovranno trovare intese compatibili con l’interesse generale della regione rappresentata.
Solo la regionalizzazione dei partiti consentirà l’esprimersi appieno del sardismo diffuso che è una realtà palpitante nel cuore di ogni sardo.
Non sarà difficile concordare una piattaforma di politica comune fra i  partiti regionali sui tanti temi che condizionano lo sviluppo economico.  sociale, culturale e, in più ampio senso, civile della Sardegna.
Penso, per esempio, all’infamia che costringe l’operatore economico sardo a pagare alle banche interessi di almeno 3 punti superiori a quelli praticati all’operatore milanese, parmense, o torinese; mentre, nel contempo, la stessa banca accorda ai risparmiatori del settentrione un tasso d’interesse ben più alto rispetto a quello riservato al risparmiatore sardo.
Sono certo che poco rilevi essere socialista o liberale, laico o cattolico per capire che questa è un’ingiustizia inaccettabile che dissangua il sistema finanziario sardo e che può essere vittoriosamente combattuta solo trovando in noi stessi le ragioni di una grande unità. Gli esempi potrebbero continuare all’infinito.
Dobbiamo dialogare, non combatterci. La debolezza della Sardegna sta nelle sue divisioni, la forza nell’unità, così come dicevano i fondatori del sardismo nel fatidico: Forza Paris.
Vorrei infine sgombrare il campo dell’illusione che il Partito sardo sia indenne dalla crisi che ha investito gli altri partiti. Certo nessuno ci ha potuto accusare di corruzione e di ciò possiamo andare a fronte alta, ma il partito è stato oppresso da crisi continue e laceranti.
Andiamo al Congresso senza segretario né direzione dopo averne eletto e licenziato otto in circa dieci anni. Scontri ideologici? Nessuno. Solo personali.
È bene che anche su questo riflettiamo onde evitare di ridurre il Partito ad una piccola conventicola elettorale.
D’altra parte qual è il ruolo dei partiti? Diffondere con tutti i moderni mezzi della comunicazione le grandi correnti di pensiero che interessano e coinvolgono l’opinione pubblica al fine di consentire che i cittadini votino con piena consapevolezza le loro scelte elettorali.
Una volta assolto a tale compito le decisioni legislative e di governo spettano esclusivamente agli eletti mentre i partiti, tenendosi ben lontano dai palazzi del potere, dovranno esercitare il loro diritto-dovere di critica ove gli eletti, il Parlamento o la sua maggioranza, o infine il governo, dovessero in tutto o in parte deludere le attese dei cittadini.
Secondo i più illustri costituzionalisti il ruolo del partito è prezioso ed insostituibile nel creare un vitale collegamento fra la base elettorale e le istituzioni ma in nessun caso impossessarsene e, com’è avvenuto sino ad oggi, sostituirvisi.
La nuova organizzazione dovrà aprire le porte di casa alla Sardegna e non chiudersi nella gerarchia della burocrazia partitica; gli eletti negli altri  partiti regionali che avranno deciso con noi il programma e gli obbiettivi di  base dovranno, se sarà necessario, votare a Roma ed a Strasburgo contro i loro  partiti. Il Paese, l’Europa, il Mondo scoprirà così che esiste e si fa rispettare il popolo sardo.
Il nostro ruolo in questo momento della storia sarda è quello di offrire a tutti l’esperienza regionalista e proporre una sede d’incontro, confronto e  decisione sulle strategie politiche che apriranno ai sardi le vie del futuro.