Considerazioni su Sardismo, fine anni ’90

A quel tempo, con il rifiorire impetuoso del movimento sardista, generato dalla crescente identificazione delle masse popolari nelle lotte promosse dagli esponenti sardisti in Senato, come nelle assemblee operaie di Ottana, Porto Torres, Macchiareddu, Arbatax, Sarroch e nelle molteplici assemblee di cittadini sensibilizzati dai militanti del sardismo, come dire, extraparlamentare tipo Populu Sardu, Città e Campagna e altri minori, venimmo chiamati a guidare il governo della Sardegna che, fra alterne vicende, tenemmo saldamente per cinque anni.
Furono definiti gli anni del vento sardista. Si sa, il vento da noi viene a folate, si spegne e si rinnova altrettanto impetuoso e magari di opposta direzione.
Fuori dalla metafora, troppi sardisti non adeguatamente preparati alle responsabilità dirigenti si sono sentiti legittimati dal voto popolare ad assumere ruoli e poteri che comportano non solo esperienza ma cultura e professionalità. Insomma nel Partito, in quegli anni, s’è scatenata la bagarre per incarichi non solo assessoriali, ma di presidenze, vicepresidenze, consigli d’amministrazione ed istituzioni varie, non contrastata in alcun modo dalla segreteria del Partito, assediata e travolta dalla marea dei postulanti.
Tutto questo non solo ha spento il vento sardista, ma lo ha fatto spirare in senso contrario, facendo mancare nelle successive elezioni una modesta parte del pur rilevante consenso che è stato conservato. Da 12 consiglieri (uno eletto con i resti) si è scesi a 10 con un resto che per pochi voti è stato superato dal dodicesimo socialista.
Anziché cogliere il segnale come momento di riflessione autocritica, nella cosiddetta classe dirigente s’è scatenata la guerra al reciproco escludendum.
Esponenti sardisti sono stati letteralmente estromessi dal Partito con banali pretesti, al solo scopo di favorire il rinsaldarsi di una certa maggioranza del Partito che però è andata decrescendo da 10 a 4 consiglieri.
In questo contesto Lorenzo Palermo ha assunto la segreteria del Partito. Del tutto evidente l’ingrata difficoltà di gestire e governare una forza che aveva perduto slancio ideologico e generosità operativa.
Per l’innanzi aveva svolto prevalente attività culturale. Nel tempo nel quale fu segretario nazionale del Partito, per tutto il 1996 e parte del 1997, si è reso conto delle difficoltà di gestione dei sardisti attuali, lacerati da contrasti personali e di potere, largamente scompensati sul piano territoriale.
Il suo tentativo di ricondurre a unità e coerenza politica la testimonianza del Partito e il suo impegno di governo, gli ha reso da subito nemica larga parte di quella maggioranza che lo aveva eletto, e con freddo, direi gelido calcolo politico, senza reale dibattito nel congresso, né contestazioni sul suo operato politico, ne ha deciso la decadenza e la sostituzione con altro segretario, in verità gentiluomo disponibile al bene operare nell’interesse del Partito (non di una parte di questo) e forse per questo a sua volta dimissionato.
Tanto che ad oggi, in piena campagna elettorale il Partito non ha segreteria nazionale.
Bene rifarsi dunque ai documenti che Lorenzo Palermo offre alla riflessione critica dei sardisti. Scorrendone le pagine si coglie una concezione della politica come servizio reso alla comunità attraverso il Partito visto come strumento di riscatto politico-sociale del popolo sardo.
Soprattutto negli articoli scritti per Il Solco e per i quotidiani, Lorenzo Palermo si colloca nella tradizione laico-liberal socialista che caratterizzò il Partito sin dal suo sorgere, limpidamente espresso negli scritti di Bellieni, di Emilio Lussu durante i difficili ma esaltanti anni dell’esilio e del suo ritorno in Patria attraverso le sue creature politiche, patrimonio storico della democrazia europea: Giustizia e Libertà e Partito Italiano d’Azione.
Concordo con lui circa il grave momento politico che vive il popolo sardo di cui il Partito avverte nel suo seno laceranti contraddizioni.
L’incoerenza più eclatante è costituita dal tentativo di inalveare il Partito nel viluppo di alleanze del tutto antitetiche ai suoi valori ideali e politici e che si rifanno, in modo diretto ed indiretto, al nefasto nazionalismo centralista italiano, di chiara vocazione conservatrice sia sul piano istituzionale che sociale, in netta contrapposizione al nostro impegno federalista e popolare.
I grandi ideali camminano con le gambe degli uomini. Confido che i sardi ed in particolare i sardisti scelgano con saggezza, guardando al futuro.