Appello elettorale – primi anni ’80

Noi sardisti, nel rivolgere il nostro più cordiale saluto a tutti voi in ascolto, sottolineiamo la grande rilevanza politica delle prossime elezioni amministrative.
I municipi sono la trincea avanzata della democrazia, la sede naturale intorno alla quale le comunità locali si incontrano, nel rapporto fra cittadino e i suoi rappresentanti.
Il Comune è insomma il pilastro essenziale e fondamentale nel quale si articola la libertà e la democrazia.
Ecco perché noi sardisti avvertiamo con particolare impegno la battaglia amministrativa. Ecco perché riteniamo necessario dare ai Comuni maggiori poteri perché maggiore sia la loro capacità decisionale, più ampia e incita la iniziativa politica, più forte l’impulso nell’azione di sviluppo e di programmazione.
Da qui nasce però l’esigenza di riformare la Regione perché cessi di essere quell’Ente burocratico e centralissimo incapace di decidere, incapace di spendere, incapace di realizzare l’interesse generale dei singoli.
Così come lo Stato si realizza nelle Regioni, la Regione deve realizzarsi nei Comuni.
È semplicemente scandaloso che ancora oggi in presenza di una crisi economica a dir poco drammatica con indici di disoccupazione mai toccati nel passato, la Regione tenga ben custodite nelle Banche, inutilizzati, alcune migliaia di miliardi che se affidati alle comunità locali potrebbero essere spesi rapidamente creando molte migliaia di posti di lavoro, reddito, ricchezza, insomma, progresso, benessere.
Si è fatta una mezza riforma che non solo non ha migliorato le cose, le ha peggiorate, perché in ultima analisi lascia l’Ente Regione arbitro di concedere o non concedere finanziamenti e, nelle lunghe diatribe, il tempo passa, i soldi perdono il loro valore, i problemi non si risolvono, anzi se ne creano di nuovi e la situazione generale peggiora e degrada in termini sempre più allarmanti.
Ma sapete, care ascoltatrici, cari ascoltatori, voi giovani che vi accingete ad affrontare l’impegno elettorale per la prima volta, per quali motivi l’autonomia regionale non funziona, perché ha fallito?
Perché è gestita dagli anti-autonomisti, da una classe dirigente e da forze politiche che nell’autonomia non ha mai creduto e no crede neppure oggi.
Non si sentono padroni a casa loro, ma semplici esecutori di ordini che vengono da Roma.
Chi decide in Italia, lo sappiamo tutti, non è il Parlamento e neppure il Governo, ma i Partiti: le segreterie nazionali dei partiti che da Roma impongono le soluzioni.
Assistiamo così allo spettacolo abbastanza ridicolo e amaro dei Presidenti di Giunta, di Assessori regionali che, mentre da un lato chiedono dal Governo Centrale romano maggiore autonomia, e con quello protestano, dall’altro lato si guardano bene dal disubbidire e dal mettersi in contrasto con le direttive romane dei loro partiti.
Avete mai sentito di un democristiano sardo che si sia dimesso da Ministro, da Sottosegretario, da Assessore regionale per protestare contro qualcuna delle infinite prevaricazioni con le quali il governo del loro partito mortifica e umilia costantemente l’autonomia sarda?
Ebbene, un caso c’è stato. Quello di Alfredo Corrias, tanti anni fa. Evidentemente credeva ancora nei valori dell’autonomia, ma poi ha capito che con il suo gesto aveva puramente e semplicemente perso il posto e la carriera, e ha pensato bene di arrendersi rientrando nei ranghi.
Per premio lo hanno fatto senatore e non se n’è parlato più. Gli altri hanno capito la lezione e da allora nessuno si è più permesso di sfidare Roma. E questi sono gli autonomisti!
Oggi abbiamo soltanto degli illustri mugugnato, riottosi, in continua zuffa fra di loro; ma gente disposta ad impegnarsi e a lottare per la Sardegna, salvo le apprezzabili eccezioni individuali, non se ne vede.
Sardi, restituite la Sardegna a chi nell’Autonomia ci crede e che per questa ha lottato, a chi dell’Autonomia ha fatto la ragione stessa della vita politica.
Una Regione nuova quindi nella quali i Comuni emergano in tutta la loro forza creativa in una prospettiva di democrazia e di libertà, di sviluppo e di benessere.
Dai Comuni e dalle Province dovrà partire la grande battaglia per la rinascita della Sardegna.
Gli amministratori locali in questo clima di rinnovata fiducia, se voi ce ne darete la forza, porteranno nelle assemblee comunali i temi di fondo che costituiscono il nodo che ancora oggi strangola la Sardegna.
Da quello della lingua e della cultura sarda per recuperare appieno la nostra identità di popolo unico e diverso nel contesto umano a quello della zona franca doganale
per offrire finalmente ai sardi libertà di commerci, d’iniziativa, di investimenti e quindi di lavoro, di occupazione e di recupero, della grande massa di emigrati oggi dispersa nel Continente europeo quando non anche in contrade lontane, ove consumano le loro giovinezza nella nostalgia struggente della famiglia, del Paese, della propria gente e, diciamolo alto e forte con orgoglio, della Patria Sarda.
Date voti al Partito Sardo, dateci forza perché possiamo darvi forza; date una voce all’anti colonialismo.
Noi lottiamo in solitudine, non abbiamo giornali, non abbiamo rappresentanti alla televisione dove, come vedete, ci fanno parlare primi nella speranza che nel frattempo dimentichiate il nostro messaggio, sommerso dalle solite promesse elettorali dei partiti di Governo, dei partiti del fallimento.
Dalle Province e dai Comuni dovrà partire la lotta per liberare la Sardegna dalle servitù militari.
Oggi la nostra terra è parzialmente invasa da formazioni militari di tutto il mondo, da americani, tedeschi, canadesi, francesi, belgi, olandesi o britannici; i nostri cieli sono solcati da micidiali aerei portatori di morte e così i mari di Sardegna, mentre le basi atomiche hanno trasformato la Sardegna in una delle fortezze più temibili e pericolose del Mediterraneo e del mondo. Siamo diventati un’area di servizio.
Dateci forza perché possiamo nell’interesse di tutti lottare contro l’infame sfruttamento delle banche che mentre negano ai ceti produttivi sardi il fido di un milione, trasferiscono in Continente e altrove, pure in Svizzera, oltre mille miliardi di risparmio sardo. Ci stanno insomma occupando la nostra terra, cacciano via la nostra gente, si impossessano dei nostri pochi capitali così duramente risparmiati e, per supremo oltraggio, mentre ancor oggi le miniere di Carbonia sono chiuse, sbarcano in Sardegna carbone polacco.
Forza paris! dunque, o sardi, uniti nel nostro piccolo ma glorioso partito per una Sardegna che creda in se stessa e sia capace di edificare il suo domani.