Intervento al Convegno della Sip su telecomunicazioni in Sardegna, Cagliari, 1989 ca

Il mio intervento è limitato a portare non soli il saluto della Regione che era implicito nell’intervento del collega Mannoni, ma a ribadire con la partecipazione del Presidente della Giunta, la ferma determinazione di questa nel perseguire obiettivi così ambiziosi, quali il realizzarsi di un piano avanzato di tecnologie avveniristiche nel campo della comunicazione e quindi in quello telematico, e della struttura di rete in genere all’interno della quale si iscrive anche tutta questa complessa e rilevante tematica.
Gli interventi che si sono susseguiti hanno dato la misura della rilevanza che questi settori hanno nella struttura delle moderne società e del come le più avanzate fra queste abbiano investito somme rilevanti e crescenti superiori al 2% del prodotto interno lordo, per dotarsi distruttore di rete, le più organizzativamente efficienti per collegare il sistema pubblico al sistema economico, alla produzione nel suo insieme, non limitata soltanto a quella dei beni, ma di tutti i valori che sono presenti nella comunità e che possono trovare nella fluidità, nel dinamismo del collegamento, la necessaria esaltazione. Abbiamo però anche sentito i gravi ritardi che registra l’Italia nel suo complesso, ritardi rispetto non solo agli avanzatissimi e tecnologicamente aveneristici sistemi giapponesi e americani e probabilmente anche di altri quadranti nel mondo, soprattutto io penso alle enormi distanze che si debbono correre tra le diverse comunità australiane e penso che in quelle realtà, pur non avendo informazioni precise, vi siano certamente strutture di organizzazione capaci di rompere l’isolamento di tante popolazioni che sono distribuite nel territorio valorizzandone tutte le risorse ai fini della produzione, dello sviluppo e della integrazione di questi popoli nel contesto mondiale. Ma siamo in ritardo come paese anche rispetto alle realtà europee, rispetto alla Francia certamente, questo è il dato che è stato confermato reiteratamente dal primo dei relatori che ha illustrato il piano nazionale, il piano della SIP a livello nazionale, dallo stesso ing. Bonsi, che pur facendo specifico riferimento alla Sardegna, ha ripercorso questo quadro di insieme. Ritardo italiano ma, in modo specifico, ritardo della Sardegna; un ritardo che la Sardegna sta tentando di coprire, ma che siamo già consapevoli che non potrà coprire, perché i numeri nella loro eloquenza, nella loro assoluta chiarezza, in relazione agli investimenti, in relazione al piano nazionale, non potrà determinare entro il ’92 il riequilibrio che la metta alla pari con le regioni più avanzate e con l’Europa, e questo è già un dato di cui dobbiamo tenere conto, di cui politicamente io credo si dobbiamo fare carico. Un riequilibrio che non sarà raggiunto nei termini del ì92 e poiché il riequilibrio economico è profondamente correlato, direi in certa misura condizionato, oltre che influenzato, ma condizionato pesantemente dall’esistenza di una rete telematica, di una rete di informazione. Io non son molto padrone di tutta la tecnologia che sta dietro questi vocaboli di nuova diffusione, un lessico che sento ripetere con molta disinvoltura da tanti, ma tutta la scienza che è dietro queste parole sarebbe da parte nostra presuntuoso il volerle ricomprendere in una cultura che evidentemente non abbiamo, sappiamo però che una rete telematica vigorosa, robusta, capillare, efficiente, consente un’utenza informatica di grandissimo rilievo. Una utenza che si qualifica, che cresce proprio in virtù della esistenza della disponibilità di questi strumenti così moderni, così efficienti che cambiano la qualità della vita, si è detto. Io direi che cambiano i modelli della nostra stessa civiltà, che cambiano i modi di produrre, che cambiano le forme di aggregazione e di collaborazione nazionale e internazionale, che consentono ormai il piccolo, per via della possibilità di poter accedere a tutte le tecnologie e le informazioni più tempestive e più avanzate, consentono il piccolo pur nella sintesi e nel ridurre il mondo a una piccola stanza nel senso che tutti sentiamo quello che dicono i nostri vicini, ancorché siano dall’altra parte dell’emisfero. Siamo tutti vicini gli uni agli altri, costituiamo ormai una famigli che dialoga così, a voce, perché il satellite che è a 36.000 chilometri di distanza, è capace di leggere il giornale che il cittadino per la strada sta sfogliando, ed è capace però di ricevere gli impulsi che con la velocità della luce lo raggiungono e di rimandarli e di ridifonderli nel pianeta. Ecco questa contestualità, questa convivenza dell’intera umanità consente anche al singolo una partecipazione alla vita dell’intera comunità. Ecco allora anche la nostra solitudine, anche quelle barriere fisiche, anche quell’insularità che stava condizionando nei millenni lo sviluppo della Sardegna, di questa regione insulare, si questa regione circondata dal mare che ancora a distanza di duemila anni, l’era che stiamo vivendo, non ha un’economia marittima e quindi vive l’insularità in forma di isolamento perché l’insularità diventa un fatto economico, diventa un fatto politico: Questa insularità può essere superata, questa barriera, in un certo senso, può trovare non certo la soluzione ai suoi problemi, ma un canale importante, di rottura della sua solitudine, del suo isolamento, e creare condizioni di prospettiva importante, l’accesso all’informazione scientifica, l’accesso all’informazione economica, l’accesso all’informazione culturale in genere, l’accesso all’informazione di ciò che accade nella borsa di New York o nella borsa di Francoforte, per vedere in quale modo si riverbera nella economia e nella operatività del quotidiano. Consente al nostro operatore economico di inserirsi, nel divenire del fatto, nel momento in cui questo diviene e avviene e, quindi, gli consente condizioni che per l’innanzi erano improponibili. Ecco, la regione guarda a questa prospettiva con estremo interesse, con grande impegno, con grande determinazione e ne è testimonianza la molteplicità delle iniziative che l’amministrazione regionale ha assunto nel deliberare la propria informatizzazione, è un progetto che ormai sta passando alla fase esecutiva per cui tutto il sistema regionale, dal centro di Cagliari e degli uffici cagliaritani, a tutti gli uffici che la regione ha nel territorio, in tutta l’isola, saranno collegati e in una prospettiva di tempi molto vicini, saranno estesi all’intero sistema pubblico, dai comuni, alle comunità, ai consorzi industriali, ai consorzi di bonifica, a tutto ciò che insomma deve gestire pubblico denaro, che assume pubbliche responsabilità, che deve sapere contestualmente tutto ciò che si verifica e tutto ciò che è per assumere le decisioni coerenti all’insieme della operatività regionale. Ma la regione ha finanziato, ha deliberato, di informatizzare rapidissimamente tutto il sistema delle unità sanitarie locali, perché il piano sanitario si trasformi in un fatto operativo, in un fatto di certezze, in un fatto di solidarietà che si avvalgono di strumenti scientifici così avanzati. E il piano, questo asse scientifico che collega le due università nella prospettiva di Cagliari e di Sassari e per il quale è prevista una spesa di oltre 800 miliardi, come piano, come asse telematico portante del futuro sistema telematico regionale. Una di quelle realtà sulle quali si fonda sostanzialmente il piano telematico regionale che si avvarrà di questa infrastruttura per creare quella utenza e favorire e promuovere e dare il massimo impulso possibile a quella utenza di tipo informatico che, poi, vedrà gli operatori culturali, vedrà gli operatori amministrativi, vedrà cioè l’insieme della comunità dei sardi avvalersi di questa struttura. Vi sono aspetti finanziari evidentemente; vi sono aspetti finanziari e anche questi hanno una rilevanza politica, perché si è fatto specifico riferimento al sacrificio che farà la SIP, per esempio, stanziando, mi pare, una somma pari a 50 miliardi, se non ricordo male le cifre che sono state indicate nel corso di questi interventi, non ho sentito di altre cifre, probabilmente non ho colto né le relazioni, le indicazioni o, forse, non sono state date perché non ritenute necessarie, mentre sono state richiamate reiteratamente la legge 64 e tutte le altre cifre che possono venire a questo. Io vorrei dire: la legge 64 non è una legge ordinaria, è una legge di intervento straordinario, quindi aggiuntivo e noi dobbiamo ritenere che questa telematizzazione, questa informatizzazione della Sardegna debba avvenire con i fondi ordinari dello Stato perché non credo che a Milano operi la legge per il Mezzogiorno. Credo che neppure operi a Torino eppure sono più avanti d noi e noi siamo indietro e vi dobbiamo provvedere con l’intervento straordinario. Allora l’intervento straordinario entra nel ruolo sostitutivo dell’intervento ordinario e noi di ricerca scientifica, di settori da esplorare, nel mondo più avanzato ne abbiamo tanti, perché tanti sono i nostri ritardi. È una riflessione sulla quale dobbiamo soffermarci un momento, perché se è vero che la via più breve per risolvere il problema, è anche la via che passa attraverso le nostre carni. È il sistema che domani potrà dirci (il sistema ferroviario), ci dirà: voi sardi siete in forte ritardo, non avete neanche un metro di doppio binario, non avete neanche un metro di ferrovia elettrificata, avete la provincia di Nuoro completamente scollegata se non attraverso il trenino leggendario da far west, dello scartamento ridotto che ormai rassomiglia più a una scenografia da folklore che non a un fatto dinamico, creativo di una infrastruttura che serve una società che è giunta alla civiltà del jet, è giunta alla civiltà del supersonico. Ci sono ancora 3 ore e mezzo per percorrere 60 chilometri, ecco credo che il sistema ferroviario lo Stato italiano l’ha realizzato cento anni fa. Come? Cedendo all’impresa che ha realizzato la ferrovia 200.000 ettari di terreno sardo. Il disastro ecologico della Sardegna è cominciato con quella operazione perché li hanno rasi al suolo quei 200.000 ettari e il sistema ecologico sardo, ambientale sardo, si è squilibrato, cento anni fa con quella operazione finanziata sulla nostra pelle dallo Stato. Ecco, io non vorrei che ogni volta che si debba fare un’operazione in Sardegna si fermino le fonti di finanziamento ordinarie e si dica: voi avete il piano di rinascita, avete l’intervento straordinario e allora il ministero dei lavori pubblici le strade ce le farà con l’intervento straordinario, l’ANAS farà appello all’intervento straordinario, fa già appello a noi per le progettazioni, se la Regione vuole avere progetti da eseguire con finanziamenti ANAS se li deve finanziare con il bilancio regionale, ne sa qualcosa il qui presente onorevole Rais, quando era Presidente della Regione, abbiamo finanziato l’ANAS. Ma il Ministero della Partecipazioni statali, le aziende a partecipazione statale chiedono di poter accedere ai fondi dell’intervento straordinario, eppure sono presenti eccome nel nord Italia, le partecipazioni statali e l’intervento straordinario non le riguarda. Ecco io credo che l’intervento straordinario serve a coprire quelle carenze che l’intervento ordinario non è in grado di fronteggiare. Ma è evidente che non stiamo aprendo questa polemica, ma stiamo sottolineando l’esistenza del problema. Il problema va posto e va posto non alla SOP, va posto nelle sedi di Governo, nelle sedi dove si decide la ripartizione delle risorse. Io credo che i nostri parlamentari, che in sede nazionale sono la nostra rappresentanza legittima e impegnata nel cogliere tutti questi aspetti, porteranno questa voce, questo problema per vedere se è possibile trovare soluzioni diverse e questa ipotesi alla quale la regione è stata costretta in mancanza di altri finanziamenti, in mancanza di altre risorse, perché certo noi non ci possiamo permettere nel modo più assoluto di restare tagliati fuori da questo coinvolgimento di progresso necessario, attraverso il quale consentire una prospettiva di riequilibrio del nostro sistema economico, sociale, culturale e civile perché i ritmi dello sviluppo sardo non abbiamo a soffrire la mancanza di una infrastruttura così essenziale. Ecco perché, senza entrare nel merito delle singole utilizzazioni, dei diversi progetti, dalla scuola alla medicina, alla pubblica amministrazione, di cui ha parlato Mannoni, e senza toccare i temi che nella sua relazione così lucida Mannoni ha proposto, io credo che dobbiamo salutare questo giorno come un giorno positivo, un giorno che guarda al domani della Sardegna, ad un domani che costruiremo con la solidarietà dello Stato, nelle forme concrete che lo Stato avrà modo di esprimere e sulle quali ancora i capitoli sono aperti. Buon lavoro! (applausi)