Intervista al Presidente Melis per il I° numero de “I Nuraghi di Milano”, di Costantino Muscau – 1987

1) Presidente Melis, le recenti elezioni amministrative in Sardegna hanno dato qualche segnale negativo per il suo partito. È già in via di esaurimento l’onda sardista? La situazione è così grave che anche la fiducia nel PS d’AZ quale ultima spiaggia si è dissolta? E qual’è la reale situazione economica dell’Isola?

Le domande muovono da presupposti del tutto errati. Infatti: Nelle recenti elezioni amministrative il Partito Sardo ha più che raddoppiato le sue rappresentanze nei Consigli Comunali, conquistandoli ove non li aveva ed aumentandoli salvo alcune eccezioni (non superiori a non più di tre casi) ove era già rappresentato.
La verità è che il Partito Sardo non si esaurisce in una formazione localistica ma esercita una forte aggregazione eminentemente politica.
Nell’83, quando si svolsero tanto a Carbonia che a Quartu S.Elena le elezioni comunali in coincidenza con quelle Politiche il Partito registrò nella città di Carbonia un mille  voti alle Comunali e, nello stesso giorno, ben 1000 di più nelle elezioni politiche.
Che significa? Per le politiche il Partito ottiene un consenso d’area che raccoglie larga parte del Sardismo diffuso nella società, mentre nelle elezioni amministrative ottiene i voti della sola militanza oltre quelli mobilitabili a titolo personale dai singoli candidati.
Insomma il Partito Sardo non è una lobby elettorale di tipo paesano ma un Partito Politico che esercita tutto il fascino e la forza incandescente dell’ideologia quando propone i grandi obiettivi unitari che mobilitano unitariamente tutto il Popolo di Sardegna.

2) Esistono prospettive e strumenti reali per uscire da una crisi ormai senza fine?
Il Partito Sardo ha assunto la guida della Giunta Regionale nell’Ottobre 1984 in presenza di una situazione, a dir poco, drammatica.
Venuta a mancare la valvola dell’emigrazione dal 1970 la Comunità registrava un pauroso aumento annuo della disoccupazione: 10 – 12 mila unità all’anno. Le cause andavano ricercate nel fatto che si consumava più di quanto si producesse. Si andava insomma verso la bancarotta. Il reddito era il più basso d’Italia; le industrie erano devastate da una crisi eufemisticamente definita ristrutturazione mentre in effetti ci si trovava di fronte a traumatiche mutilazioni aziendali con chiusure d’interi settori produttivi e licenziamenti o messa in cassa integrazione di migliaia di operai.
Basterà ricordare solo alcuni esempi riguardanti la Rumianca a Cagliari, il comparto Minero-metallurgico nell’Iglesiente Guspinese, quello Carbonifero e dell’Alluminio primario nel Sulcis, della Snia a Villacidro, dell’ANIC ad Ottana e P.Torres.
Migliaia di miliardi d’investimenti dissolti nel nulla, con conseguenti paralisi produttive ed occupative.
Nel comparto agricolo la importazione delle carni ed ortofrutta superavano il valore di 700 miliardi l’anno. Ebbene attraverso la politica delle Giunte Regionali a guida Sardista  sin dal 1986 la disoccupazione non è aumentata di una sola unità mentre dal 1987 è in progressivo aumento l’occupazione.
La produzione agricola è aumentata del 30% mentre si è registrata una lieve flessione nel comparto industriale.
L’export sardo è aumentato nell’87 rispetto all’86 del 25% mentre l’import è nettamente diminuito migliorando in modo rilevante la bilancia dei pagamenti e riducendo così l’indebitamento globale dell’economia Sarda.
Qualche esempio? Abbiamo esportato nell’87 otto milioni di bottiglie di vino in più rispetto all’86. Trecentomila quintali di formaggio. Va da sé che il reddito sardo è aumentato raggiungendo e superando quello Nazionale. Non certo quello Lombardo, ma sicuramente la media del nazionale. Abbiamo raggiunto il 4,8. Quello italiano è inferiore di qualche punto.
Vorrei aggiungere che siamo la sola regione del Mezzogiorno ad aver invertito la tendenza al sottosviluppo e lo abbiamo fatto contando sulle risorse regionali visto che le aziende di Stato stanno ancora uscendo faticosamente dalle crisi degli anni scorsi.
Diciamoci le cose con chiarezza: le industrie a PP.SS. stavano smobilitando e lasciando la Sardegna. Solo la nostra ferma denunzia ed i durissimi confronti che abbiamo aperto con loro, mobilitando sindacati, Amministrazioni locali, Parlamentari, opinione pubblica e lo stesso Governo dello Stato ha impedito la diserzione e la scomparsa di questo asse portante della nostra economia.
(2)  Credo di aver già risposto anche alla seconda domanda.)
Voglio aggiungere che con il bilancio di questo anno abbiamo stanziato 430 miliardi per un piano straordinario del lavoro finalizzato all’occupazione. Per aver un’idea dell’ordine di grandezza di questa iniziativa offro questo dato comparativo: il Ministro per il Mezzogiorno ha stanziato 500 miliardi per il rilancio dell’occupazione nell’intero Mezzogiorno! Noi quasi altrettanto per la sola Sardegna. Lo stanziamento è ripetuto nella stessa misura per i prossimi due anni . Ma non è il solo piano che andiamo studiando.
Abbiamo elaborato un piano delle acque da finanziare nei prossimi 10 anni che consentirà l’irrigazione di oltre 425.000 Ha consentendo un aumento dell’occupazione agricola di circa 18.000 unità.
Inoltre: Piano Trasporti interni ed esterni.
Piano energetico regionale che prevede la gassificazione del Carbone Sulcis e quindi, nella prospettiva, la piena autonomia energetica sarda con poderose possibilità di sviluppo.
Piano telematico  con conseguente informatizzazione dell’intero sistema pubblico. Regione, Comuni, Enti diversi, Consorzi Agricoli, Industriali, commerciali, e nel privato: Banche, operatori economici etc.
Piano Sanitario: oggi in Sardegna sono possibili trapianti d’organo: Midollo, rene, cuore.
Potrei continuare. La verità è che questa Giunta sta ponendo i problemi reali della Sardegna ed ha impegnato il lavoro dei prossimi 20 – 30 anni dei governi sardi. L’inizio del cammino si sta dimostrando fecondo di risultati.

3)    Sarebbe stupido oltreché ingeneroso illudere gli emigrati su un facile ritorno; i disoccupati da riassorbire fra i residenti in Sardegna sono ancora tanti.
Penso però che nelle nuove professionalità sia possibile avvalersi delle esperienze acquisite dai nostri emigrati specie nei settori a tecnologia avanzata, ove siano ancora largamente scoperti (Telematica, informatica, operatori economici nei settori ancora aperti ed inesplorati dalla Comunità Sarda.

4)     Abbiamo da imparare da tutti.
Ma l’esempio degli Alto Atesini non è certo significativo. Loro vincono le loro battaglie attraverso gli ambasciatori d’Austria e, seppur informalmente ma sostanzialmente, della stessa Germania. Vi par poco?
Lo stesso discorso vale per i Valdostani. Noi combattiamo in solitudine e troppi Sardi disertano abbagliati da carriere nazionali. E magari riescono, perché sono personalmente bravi. Riescono loro, il popolo no.
Ma la crescente insofferenza all’ingiustizia sta conquistando fasce sempre più ampie di popolo alla battaglia sardista. Anche gli intellettuali stanno accorgendosi che non è nella sudditanza culturale che cresce il loro ruolo ma nella ricerca sempre più consapevole di una propria identità che si conforta e arricchisce arricchendola con altre culture.

5)    L’Europa cresce se crescerà il regionalismo.
Tanto all’Europa che al Regionalismo si oppongono le strutture statuali. Le istituzioni sono per loro natura conservatrici: per conservare, prima di tutto, se stesse. Così gli stati non vogliono l’Europa perché dovrebbero cedere ad un potere Federale una parte rilevante delle rispettive sovranità; altrettanto dovrebbero fare con le Regioni cedendo a queste il potere di organizzare in coerenza con i rispettivi interessi il processo del proprio sviluppo economico, sociale – culturale e civile.
Non ha casa il Sardismo è sin dal suo costituirsi europeista.

6)    Il cemento rischia di brutalizzare le nostre coste.
Dobbiamo disciplinarne il Governo. Ma i turisti non possono villeggiare nelle “Pinnette”. Dobbiamo costruire alberghi ed altre strutture ricettive.
Si tratta di farlo nel rispetto dei valori ambientali, naturalistici e paesaggistici, esaltandoli e non imprigionandoli o peggio, annientandoli nel cemento.
Ormai hanno capito tutti che le case non si costruiscono nelle scogliere. Le nostre leggi sono tra le più severe d’Italia. Le ruspe hanno ripulito le spiagge, ove questo era giuridicamente possibile, abbattendo tutto l’abusivismo degli ultimi anni; a cominciare da Cagliari. Oggi puoi percorrere i chilometri che partono da Marina Piccola alla Marina di Quartu godendo sempre della vista gioiosa del mare. Sono stati abbattuti qualcosa come 1000 abitazioni in legno che costituivano una barricata che privatizzava la più grande spiaggia della Sardegna.
Spiaggia restituita ai cento e più mila bagnanti che da Cagliari, Quartu, Selargius etc. vi si recano quotidianamente.