Espulsioni – intervento giornalistico – Nuoro, 17 novembre 1995

La crisi che affligge i tradizionali partiti politici della prima Repubblica non ha evidentemente risparmiato il Partito Sardo d’Azione che è finito addirittura in Tribunale.
Il fatto è noto. I giornali ne hanno ampiamente riferito. La Segreteria nazionale non ha rinnovato la tessera all’ex Segretario nazionale Efisio Pilleri ed a Francesco Casula – già Direttore del glorioso giornale del Partito: “Il Solco” ed altri militanti, per avere pubblicamente criticato la decisione della dirigenza di opporre un veto alla designazione di Bachisio Bandinbu – proposta dal Presidente Palomba – alla carica di Assessore regionale alla Pubblica Istruzione nella Giunta tecnica presieduta dallo stesso Palomba. Se ne discute in Tribunale posto che gli espulsi, notoriamente oppositori dell’attuale dirigenza, ritengono di aver esercitato un diritto ordinariamente riconosciuto in tutte le democrazie dell’universo mondo: il diritto di critica.
Videant consules – Vedranno i giudici.
Ma constato con grande interesse la spallata al vecchiume culturale ed ideologico dato, così si legge in una nota d’agenzia a firma della Segretaria, agli esponenti della prima autonomia”.
Ecco una conquista. Non è privilegio dei politici “italiani” parlare di “prima Repubblica” da seppellire facendo risplendere la seconda. Anche la dirigenza sardista, con prepotente originalità, ha colto un nuovo rivoluzionario linguaggio che definisce una nuova politica.
“Prima Autonomia” da “eradicare” sgominandone gli esponenti per far posto finalmente ai rinnovatori della seconda autonomia”.
È bensì vero che non si conoscono le nuove linee ideologiche o i differenti obiettivi di governo ma, conoscendone la statura intellettuale e morale, non c’è da dubitare che illumineranno con lo scenario politico la forza delle nuove elaborazioni che non mancheranno di proporre a noi militanti e ai sardi tutti.
Non si capisce in verità cosa rimproverino alla “prima autonomia”. Escluso che si tratti della stagione che ha visto nascere il Partito e di quella del suo ricostituirsi dopo la seconda guerra mondiale, non resta che quella degli ultimi dieci anni nel corso dei quali il ruolo degli odierni volontari del rinnovamento, non avevano un ruolo di primo piano.
Forse rimproverano che sia stata fatta la battaglia per l’autonomia energetica riuscendo ad imporre al Governo italiano, dopo vent’anni di chiusura, la riapertura delle miniere del carbone e creando le premesse ancora attuali per la sua gassificazione, oppure l’aver salvato la pastorizia sarda, negli gli anni angosciosi delle siccità, con uno stanziamento di seicento miliardi; o rimproverano a quella prima autonomia d’essersi conquistato il rispetto dei poteri centrali della Stato e dell’opinione pubblica nazionale non sfuggendo anche ai confronti più duri.
L’aver ottenuto per la prima volta la restituzione di oltre duemila ettari di demanio militare dopo aver trascinato in giudizio il Ministro della Difesa in nome dell’autonomia sarda; e forse considerano un titolo di demerito l’aver fermamente difeso il diritto della Regione a progettare e gestire in autonomia i beni culturali della Sardegna?
Diritto ora saldamente riconquistato dai poteri centrali dello Stato! O l’aver creato circa cinquantamila nuovi posti di lavoro.
Rimproverano agli uomini da eradicare di essersi fatto corrompere sollecitando tangenti?
Chi sa? Certo se vogliono rinnovare debbono aver scoperto cose terribili. Attendiamo di saperle. La Sardegna attende di saperle.
Ma l’originalità della dirigenza sardista è fervida, quasi un fuoco di artificio. Chi ha detto che è riservato al Polo usare espressioni nuove alla politica quale “passi indietro”? Ora con virile determinazione ne fa uso anche la nostra dirigenza.
Consiglierei non tanto un po’ di verecondia, quanto, politicamente parlando, una certa prudenza. Qualcuno potrebbe rispondere di aver rinunziato nelle ultime due legislature alla candidatura, insistentemente offerta dal Partito sia alla Camera come al Senato. Non si chiamavano passi indietro allora ma semplicemente rinunzie. Che si vuole con i “passi indietro”?
La scomparsa della militanza politica? Non si ha più il diritto di continuare a fare sardismo e, se è il caso, criticare i dirigenti quando usano male del loro mandato designandosi ai posti di sottogoverno o sbarrando ad uno degli uomini più prestigiosi della cultura sarda e sardista (senza tessera) quale Bachisio Bandinu, la responsabilità di guidare la politica culturale della nostra Regione?
Attenzione! Il tempo in cui chi comanda ha sempre ragione e chi dissente è un traditore d’accordo con il nemico, appartiene alla cultura di altri regimi, non a quella del Partito Sardo ove il dibattito è stato sempre vitale ed alla luce del sole. Le contrastanti linee Lussu-Bellieni o Bellieni-Fancello, regolarmente pubblicate dai giornali, sono stati il sole della saggezza creativa del Partito Sardo. Le polemiche pubbliche fra me e Columbu e le critiche di Columbu a Carlo Sanna non hanno scatenato anatemi, rotture od espulsioni. Come a nessuno venne in mente di radiare dal Partito Anselmo Contu quando, in occasione della candidatura alla Camera dei deputati di Michele Columbu ed al Senato di Piero Soggiu in alleanza elettorale con il P.C.I. non solo dissentì, ma aprì una polemica con la Direzione del Partito, rilasciando in piena campagna elettorale interviste di dura critica all’alleanza e alla conseguente candidatura. E i giornali, dato il grande prestigio di Anselmo Contu, non mancarono di dargli grandissimo rilievo influendo così negativamente sul voto dei sardisti. Columbu venne eletto, Piero Soggiu no. E noi, che volevamo bene ad Anselmo Contu, ne soffrimmo, non lo seguimmo ma continuammo a considerarlo un esempio di sardismo che avrebbe, come è stato, costituito luce e guida al nostro giovanile entusiasmo.