Il ruolo dei nostri porti – Porto Torres, convegno sui trasporti – 17 settembre 1988

Non capisco proprio l’incalzare dei minuti in un convegno che tratta temi di così largo respiro dove così rilevante è il coinvolgimento degli interessi e dei soggetti che richiama e sui quali al Presidente della Regione sembrerebbe opportuno consentire di valutare, dì dare risposte che non siano soltanto quelle degli operatori, coloro i quali per responsabilità diverse hanno un qualsivoglia rapporto con la portualità e con le aspettative che uno sviluppo economico integrato può comportare.
Il collega Satta ha detto cose estremamente puntuali sulle quali la Giunta regionale è perfettamente in consonanza ed io ben poco avrei da aggiungere a questo punto se non ribadire che siamo perfettamente d’accordo sulla esigenza di ribaltare la concezione del ruolo che il porto ha compiuto sino ad oggi, un ruolo, che è eminentemente amministrativo, che affidato com’è alle compagnie portuali per la gestione di norma, ma disciplinato, per quanto riguarda le aree portuali e tutto l’insieme dei valori che nel porto sono gestiti, alle Capitanerie di Porto, risente di questa sua genesi operativa. La verità è un’altra: che il porto è un’azienda, è un’azienda che deve produrre, è un’azienda che deve fare concorrenza ad altre aziende similari, che deve richiamare utenza, sottraendola, se possibile, ai concorrenti nel Mediterraneo, perché candidati a svolgere il ruolo che può svolgere Porto Torres nel Mediterraneo, lo ricordava il dottor Cuomo, c’è Cipro, c’è Malta, c’è Marsiglia, ci sono i porti italiani che sono a loro volta non tanto agguerriti come i porti che ho ricordato perché soffrono anch’essi questi mali profondi ed antichi di una gestione di tipo, come dire, amministrativo, e perché no? diciamocelo francamente, per tanti versi assistenziale, per cui sono largamente antieconomici, sono non competitivi, sono tali da desertificare i porti italiani per favorire invece porti concorrenti stranieri.
Alla città di Napoli, al sistema economico napoletano, le merci d’importazione arrivano per oltre il 60% per via ferroviaria e non per via marittima. Questo la dice molto ma molto lunga sulla efficienza del porto di Napoli che pure è uno dei porti più importanti del Mediterraneo, è uno dei porti più importanti d’Italia. Sono porti che hanno fallito il loro ruolo. Ormai sono strangolati dalle città che vi sono cresciute intorno, sono scollegati dell’hinterland, hanno sistemi gestionali ancora legati a strutture che abbiamo ereditato da tempi decisamente superati nella dinamica di una operatività e di una produttività che chiama ai tempi reali, che chiama alla telematica, che chiama all’informatica, che chiama a tutta una serie di comportamenti che hanno la tempestività, le cadenze dei tempi reali e che non si possono permettere questa sorta di artigianato dai tempi lunghi e che sono quelli delle navi a vela, delle stive, delle quattro mani, delle due mani, di tutta una concezione che ancora è presente, statica, arrugginita, ma fermissima nel Codice della Navigazione del nostro Paese. Io ricordo quando ho fatto parte della Commissione della Marina Mercantile, ho fatto parte di un gruppo ristretto, che doveva mettere mano proprio ad una serie di riforme; però, come sempre accade in Italia, l’anticipata fine della legislatura ha anticipatamente chiuso il nostro impegno e non so in che misura sia stato recuperato, ripreso e riproposto dai colleghi che si sono susseguiti. Quello che so è che l’art. 110 è sempre quello e così via i vari articoli del Codice della Navigazione che ho sentito citare stamattina.
La verità è che noi non possiamo parlare di Porto Torres come di Cagliari, come di Oristano o, perché no, di Olbia, di Arbatax, che pure ha una realtà industriale che le incombe da vicino, che vede affermarsi una società industriale che realizza piattaforme per l’estrazione di petrolio in mare, una cartiera che è tra le cartiere più importanti d’Italia nella produzione di carta da giornali, un’alta specializzazione, ma che aspira evidentemente a crescere come legittimamente Oristano che vede nel suo porto uno strumento poderoso di sviluppo, di crescita e di espansione della sua economia, altrettanto deve sentire nel mare, nella struttura del mare e del suo porto la Sardegna Nord-Occidentale con tutto l’hinterland che vi gravita intorno che è tra le più importanti della Sardegna: Porto Torres.
La Sardegna sta scoprendo l’economia marittima, stiamo scoprendo una dimensione, come ci ricordava il dottor Zanetti, che oggi i Consorzi industriali stanno andando in direzione del mare. Non si stanno chiudendo soltanto in un agglomerato di industrie che si raccolgono insieme, che si danno insieme dei servizi generali, si danno insieme tutta una serie di infrastrutture che servono ad abbattere i costi, ma si rivolgono verso i mercati e quindi guardano verso il mare perché attraverso il mare si sono sviluppate nei millenni le civiltà ed attraverso il mare continueranno a svilupparsi perché oggi più che mai con la intensità dei traffici e dei trasporti dovremo dialogare con le economie transoceaniche, con l’Estremo Oriente, con il Medio Oriente, con l’Asia Sud-Orientale, con l’Oceania, con le Americhe. E per questo si fabbricano navi da 150-200 mila tonnellate: perché nell’economia di scala i grandi trasporti fanno premio sui piccoli trasporti perché questi debbono essere deputati alle piccole distanze. Cioè, allora, un punto di snodo dei traffici mediterranei che vede la Sardegna al centro, perlomeno, dei traffici mediterranei, del Mediterraneo Nord-Occidentale, e che consenta poi a tutta una orditura, una tessitura di navi-postine, come si usa dire, di distribuire, di irradiare il traffico marittimo e di far riaffluire poi questo traffico dai porti che sono distribuiti nell’area mediterranea più vicina a noi.
Noi siamo inseriti in una economia non internazionale generica ma intercontinentale; siamo al centro di tre Continenti e siamo in condizioni di poter assolvere ad una funzione di servizio e di offrire questo servizio ma di offrirlo in termini competitivi, in termini economicamente validi. La disponibilità delle aree a ridosso dei porti è un privilegio che non ha nessun’altra realtà italiana: che noi abbiamo, che gli altri non hanno. Non ce l’ha Genova, non ce l’ha La Spezia, non ce l’ha Savona, non ce l’ha Trieste, non ce l’ha nessuno, ce l’abbiamo noi. Noi possiamo offrire agli operatori economici, alle industrie di trasformazione, alle industrie che vogliono (alle industrie o agli operatori commerciali) che vogliono stoccare le loro merci per poi distribuirle nel mercato mediterraneo, possiamo offrire quegli spazi che gli altri non sono più in grado di offrire. Quei mercati sono mercati in declino: noi possiamo essere i mercati in crescita.
Questo è il ruolo che l’Amministrazione regionale dà ai porti della Sardegna. Quindi, non è che ci muoviamo sull’esistente, valutando l’esistente nel suo incremento del 2,5%-3% per cui al 1006 passiamo dalle attuali 16 mila tonnellate alle 23 mila o alle 32 mila tonnellate. Con questo noi non facciamo Sardegna, non facciamo futuro, non facciamo sviluppo. Noi dobbiamo moltiplicare tutto questo ricavandoci, appropriandoci di un ruolo che sino ad oggi c’è stato negato, perché c’è stata negata l’economia marittima: un’Isola che non ha economia marittima è un controsenso allucinante. Siamo veramente nello schizofrenico, dobbiamo avere un’economia marittima, non possiamo rimanere chiusi nelle nostre coste con i pastori perché sono delle realtà che si proiettano verso l’esterno. Noi oggi il nostro formaggio lo mandiamo in America o lo mandiamo a Milano. Certo non ce lo possiamo consumare noi perché sono decine di migliaia, centinaia di migliaia di tonnellate, ma abbiamo tante altre risorse che possiamo produrre e produrre per l’estero. Si parla dei 16 mila ettari intorno all’area della Nurra o del Sassarese che possono essere irrigati. Nella potenzialità della Sardegna ci sono 425 mila ettari che possono essere irrigati che il piano acque dovrà raggiungere, dovrà vitalizzare, dovrà inserire nei mercati europei in tutte le specializzazioni, da quella dei mangimi per l’allevamento del nostro bestiame e quindi una specializzazione in questo settore ma finalizzato all’esportazione, da quello dei concimi. Abbiamo le industrie chimiche e le abbiamo solo per fare benzina? Possiamo anche per altro, attraverso questa chimica, cosi presente, così rilevante nel nostro territorio. Il Sindaco di Porto Torres dice: attenzione alla monocoltura, alla monocoltura industriale, Porto Torres si è in un certo senso trovata condizionata da questa scelta primigenia certamente, ed ha ragione, però questa scelta primigenia può diversificarsi per cui i concimi chimici possono benissimo trovare in Sardegna una delle basi di produzione e di commercio verso l’estero e Porto Torres che ha una realtà incombente, sul piano chimico, così rilevante, può essere una di queste sedi. E allora, non soltanto il carbone che ha pure un’utenza di consumo qui in Porto Torres immediata attraverso Fiumesanto, attraverso il Cock wather di cui si parla e del quale parla anche il nostro Ministro al quale rivolgo un saluto veramente caldo di stima, di apprezzamento e, come dire? di speranza proprio per l’energia che sta dimostrando nel guidare un settore che era fermo, che era paralitico, che non dava risposte né speranza al Mezzogiorno con una 64 che in effetti ancora non sta operando e che non sta dando risposte ad un Sud rimasto in ritardo nello sviluppo e debbo dare atto al Ministro che sta dinamizzando le procedure, sta dinamizzando le attività e sta costringendo anche noi amministratori regionali ad un rapporto finalmente più produttivo e più fecondo con il Governo.
Ecco, questo doveroso atto di riconoscimento al Ministro che al Presidente della Regione Sarda non avrete sentito fare in precedenza, è bene sottolineare anche questo, mi richiama al fatto che proprio in questi giorni col Ministro siamo chiamati a fronteggiare tutta una serie di temi e di problemi nei quali rientra anche l’impianto di Cock wather di Portotorres che certamente è un fatto positivo perché è volto a scoprire tecnologie, a scoprire sistemi industriali che possono domani essere oggetto di esportazione dalla Sardegna verso l’esterno. Questo però non deve in nessun modo porsi in alternativa ad un’altra grande aspettativa della Sardegna che è quella della valorizzazione delle sue risorse naturali e cioè del Carbone Sulcis e della possibilità potenzialmente enorme di sua gassificazione.
Io vorrei continuare perché gli argomenti sono avvincenti sono appassionanti e so di trascurare un’infinità di argomenti. La verità è che però il Presidente del Consorzio mi richiama alla brevità perché anziché uno abbiamo parlato in due rappresentanti della Regione e abbiamo occupato spazi che sono essenziali nella gestione di questo convegno. Voglio soltanto, chiudendo, dire che è importantissimo, fondamentale, il sistema di gestione dei porti. Se li dobbiamo considerare aziende li dobbiamo gestire come aziende e non come fatti amministrativi, e non come fatti di pura aggregazione di componenti diverse ma per finalizzarli ad una offerta di mercato devono essere gestiti come il mercato comporta e impone, cioè, come società per azioni nelle quali c’è il pubblico, il Consorzio, c’è la Regione, ci sarà la Camera di Commercio, ci saranno i Comuni più direttamente interessati, ma ci devono essere gli operatori portuali, ci devono essere tutte quelle componenti che sono gli utenti del porto e che hanno tutto l’interesse a renderlo protagonista, in modo che protagonista sia finalmente la Sardegna nel suo territorio.