Presidenza dell’Alleanza Libera Europea – settembre 1990

Ufficio di Presidenza dell’Alleanza Libera Europea
Debbo dire che questo problema sta diventando sempre più pesante da affrontare, perché, man mano che procede il tempo, stabilisco rapporti che sul piano umano sono sempre più cordiali e amichevoli con gli esponenti e rappresentanti, in questa sede, della Lega lombarda; altri non conosco se non loro due; ho conosciuto sì Bossi, ma molto fugacemente, l’ho incontrato al Senato della Repubblica a Roma, e non posso che esprimere pareri e giudizi estremamente positivi, sia nei confronti di Moretti che di Speroni; sul piano personale ed umano due gentiluomini, due persone moralmente e politicamente impegnate sul piano etico, sociale, dei valori nella loro prospettiva, e quindi, non posso che parlarne con molto rispetto.
E dico anche che la Lega Lombarda è un movimento che ha mosso le acque, e le ha anche agitate, in modo piuttosto vigoroso ed importante, nello stagno della politica italiana; soprattutto in questo gioco delle parti, ormai fiacco, arido e senza creatività, che il partitismo italiano stava, in questi ultimi anni esprimendo. Tanto che i partiti italiani sono in piena crisi; ed è in piena crisi il concetto stesso di democrazia parlamentare in Italia. Il Parlamento da noi non esiste. Esistono le segreterie dei partiti che decidono ed i parlamentari che votano quello che le segreterie dei partiti hanno deciso.
Quindi le istituzioni parlamentari, in Italia, si sono svuotate; si è svuotato lo stesso concetto di partecipazione democratica. E tutto questo non può non aver creato un senso di sfiducia, di distacco dell’opinione pubblica dalla classe politica, perché si vede una classe politica puramente rituale, senza un ruolo effettivo nelle decisioni e nelle capacità operative per cambiare le cose. Sono le burocrazie di partito che comandano. Ed ecco che il Partito Comunista Italiano è in pieno marasma, non solo per quello che è accaduto nel mondo, ma perché già perdeva, da tre o quattro legislature a questa parte, consensi.
La Democrazia Cristiana fa le feste dell’Amicizia e non riesce a mettere insieme sinistra e destra, perché dove partecipa la destra non partecipa la sinistra e, dove partecipa la segreteria () del partito, non vi partecipa l’opposizione interna.
Soprattutto è stata la Lega Lombarda che, con questo torrente (…) di consensi, tolti, nel raccoglierli, agli altri partiti, che ha agitato le acque. Per cui, in Lombardia, che è la regione più importante d’Italia, sia dal punto di vista economico, sia dal punto di vista demografico e sia dal punto di vista dello sviluppo, o partiti più importanti hanno visto falcidiare le loro rappresentanze; la Lega Lombarda è divenuta così, non so se lil terzo partito, superando cioè gli stessi socialisti, dopo i democristiani e i comunisti, e minacciando di creare, nel Parlamento dello Stato, una nuova realtà che rende irripetibile il discorso precedente.
Ecco quindi che la Lega Lombarda non costituisce un incidente di percorso. È il frutto di una sofferenza democratica italiana, che si esprime in una forma istintuale, quasi viscerale, epidermica, protestataria; ma ha, però, delle basi e delle origini in questa inquietudine così diffusa.
Però è un partito senza radici; perché non si può costruire una proposta politica nella protesta. Ma proposta non ce n’è. Ed allora si sono inventati, dalla mattina alla sera, perché capiscono di dover dare una dignità culturale, ideologica a questo movimento, un federalismo di comodo, che si rifà a Cattaneo; ma lo negano nella sostanza.
Federalismo che cos’è, se non solidarietà. Ciascuno vuole esistere per se stesso per poter dialogare con gli altri. Noi siamo federalisti perché abbiamo voluto riappropriarci di una nostra identità e di una nostra soggettività politica, per poter affermare, con tutta la dignità che ciò comporta, un ruolo nell’elaborazione dei processi storici che ci vedono coinvolti. Siamo federalisti perché abbiamo voluto rompere il nostro isolamento, la nostra solitudine, la nostra subalternità.
Ecco perché il nostro federalismo è apertura, solidarietà, partecipazione alla vita degli altri. La Lega Lombarda, nei fatti, si chiude. Ragiona un po’ come ragionano i nostri amici danesi: “Abbiamo raggiunto un certo livello di benessere, e non vogliamo, partecipando alla Comunità Europea, correre il rischio di vederlo, in qualche modo, indebolirsi.”
E così sono questi della Lega Lombarda. Non vogliono immigrazione dall’esterno, non vogliono neanche l’immigrazione italiana, quella cioè da una regione all’altra, e si vogliono liberare dei meridionali che hanno consentito il famoso miracolo economico italiano, che ha portato il nostro Paese, da Paese agricolo, ad essere la quinta potenza industriale al mondo (seppure con notevole distacco dalle prime tre, ma comunque, in questa graduatoria l’Italia è considerata la quinta).
Bene, questo è stato consentito da una migrazione che ha dissestato le nostre regioni. Paesi con tremila abitanti con settecento emigrati, con ottocento emigrati, cioè tutta la gioventù che partiva, e dove arrivava? A Milano, a Verona, a Torino, a Novara, a Varese, in tutto il triangolo industriale del nord Italia, che, ormai, ha raggiunto una condizione di competitività internazionale, che regge sui mercati internazionali vigorosamente il confronto con le industrie concorrenziali più agguerrite. Vogliono tenersi questo benessere e liberarsi degli alieni. Non sarà pur facile, non sarà possibile, però tutto questo ha allarmato i partiti italiani, e sin qui credo che sia un fatto positivo, ma ha allarmato, purtroppo e giustamente, tutto il mezzogiorno d’Italia che adesso, nel concetto di Bossi, che è il segretari nazionale della L.L., dovrebbe (l’Italia) dividersi in tre repubbliche: l’Italia del Nord (quella mitteleuropea), l’Italia centrale (più o meno l’Italia amministrativa, Roma con tutti i suoi impiegati e ministeri) e, infine, l’Italia del terzo mondo che dovrebbe perdere i contatti con le altre due, e che dialogherà con Gheddafi, con Mubarak, ecc… Io penso che ci faranno  anche un bel zatterone e ci molleranno così.
Dico: settanta anni fa, Gramsci, quand’era ancora federalista (prima del Congresso di Lione), ipotizzava un’Italia Federale con 5 Repubbliche: Nord, Centro, Sud, Sardegna e Sicilia.
Le sue motivazioni erano però diverse da quelle dei leghisti: non tenersi ciascuno la propria ricchezza o povertà, ma, rendere atto delle profonde diversità esistenti, in modo da articolare i problemi del territorio in relazione a specifiche esigenze, sì da consentire un’organizzazione democratica e territoriale più efficiente.
Questi altri no. Per essi tutto si riduce alla considerazione che ciascuno si tiene i propri problemi; ciascuno si arrangi per conto proprio.
In sostanza dicono: abbiamo dato vita al Consorzio Interregionale Alpe-Adria che consente a Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige di organizzare la propria economia con le Regioni confinanti dei vicini Stati: Svizzera, Austria, Jugoslavia che pure non fanno parte del Mercato Comune Europeo.
È l’economia dell’arco alpino, cioè del Centro Europa.
Devo, però, sottolineare che Alpe Adria è stata intuita, voluta e realizzata, con spirito ben diverso, da un uomo del quale ho grande rispetto e stima, allora presidente della Regione Lombarda, oggi dell’Unione Camere Italiane. Egli vedeva in Alpe-Adria non solo, e non tanto, una sede per moltiplicare gli affari, ma un’affermazione del regionalismo rispetto al centralismo degli Stati, ed una proiezione dei futuri poteri nei rapporti internazionali delle Regioni medesime. In questo Alpe-Adria è un esempio valido, mentre appare involutivo se la si interpreta solo come momento di puri interessi economici.
Ebbene, colleghi, se noi ci muoviamo verso questa Lega Lombarda, creiamo soltanto smarrimento, scivolando in un concetto di regionalismo che, pur essendo reale, è malato.
Queste cose ai colleghi della Lega, le ho scritte. La lettera è, in parte, finita sui giornali, in particolare su uno dei più prestigiosi pubblicati in Italia: La Repubblica.
Non mi hanno risposto. La lettera la scrissi nell’occasione in cui eleggemmo Carlos Garaicochea Presidente dell’A.L.E., e si parlò della candidatura della lega a farne parte.
Io mi opposi ed ebbi la sensazione che i colleghi della Lega si fossero offesi. Perciò scrissi loro che in me non vi erano sentimenti di ostilità nei loro confronti, ma soltanto bisogno d chiarezza.
Certo saluterei con grande entusiasmo e fervida speranza la loro partecipazione al Movimento Federalista. Sono una grande forza. Dobbiamo però parlare lo stesso linguaggio e puntare verso gli stessi obiettivi.
La mia è perciò una risposta negativa da considerare definitiva.
Credo fermamente che le situazioni si evolvano, perché ciò è nella logica delle cose. affondano le loro radici nel regionalismo, ma per realizzarlo debbono trasformarsi.
Volgere cioè verso obiettivi di solidarietà, di europeismo regionalista e non di nazionalismi chiusi, visto che la solidarietà si realizza nella partecipazione creativa.
Io so che il mio partito, che è il primo partito regionalista italiano, molti dei nostri dirigenti, non sono nati in Sardegna, non sanno parlare il sardo, sono venuti in Sardegna già adulti, ed hanno però accettato della Sardegna tutti i problemi; lavorano e lottano con noi per far uscire la Sardegna dal sottosviluppo.
Quelli sono sardi migliori di noi, di tanti di noi, e che noi accettiamo con affetto, senza porre alcun problema.
Questo è, secondo me, regionalismo. Se io, per una ragione qualsiasi, mi dovessi un giorno trasferire in Scozia, credo che sarei schierato con i miei amici scozzesi; se mi dovessi trasferire in Corsica, starei insieme ai corsi. Cioè, il nostro non è localismo, è un valore universale; se non abbiamo questa forza interiore, non credo che abbiamo ragione d’essere.