Intervento sui trasporti in Sardegna

(marzo 1987)

Il dibattito che ormai da molti anni vede impegnate forze politiche sociali, associazioni culturali di categoria, enti istituzionali e cittadini sul vasto e complesso tema dei trasporti ha consentito alla società sarda di prendere coscienza di un problema di tale rilevanza da costituire precondizione essenziale allo sviluppo.
L’antitesi concettuale si pone tra isolamento e collegamento. Il primo porta ad una solitudine statica che si esaurisce in se stessa inaridendo nel tempo ogni empito vitale, il secondo si realizza nell’incontro, nel reciproco arricchimento di esperienze, di culture, di economie capaci di per se di dischiudere orizzonti nuovi alle civiltà che crescono e che, pur diverse nella genesi e nei valori, si integrano senza confondersi.
Il problema è quindi squisitamente politico perché se è vero che attraverso validi collegamenti si conquistano nuovi mercati nei quali esportare ciò che si è capaci di produrre e acquistarvi, secondo convenienza, ciò di cui si ha bisogno, è altresì vero che un organico sistema di collegamenti facilita il dialogo, la mutua comprensione ed, in ultima analisi, una pace fervida e feconda fra i popoli.
Attenti però: perché questi equilibri realizzino e conservino il loro valore creativo è essenziale che a governare il sisistema dei trasporti siano i popoli che se ne avvalgono nell’ambito e nei limiti in cui sono coinvolti.
L’ipotesi contraria si definisce in termini molto nitidi: colonialismo.
Il mondo è pieno di questi esempi e la Sardegna stessa conserva nell’archeologia ferroviaria dello scartamento ridotto significative testimonianze di un sistema di trasporti organizzato non per servire le popolazioni ma per prelevare dal territorio e convogliare verso porti di imbarco materie prime di ogni tipo, valore e natura.
Il trasporto per essere valido deve adeguarsi all’esigenze reali dell’utenza, anzi precederle e stimolarle, non come risposta alla domanda ma promozione di questa non a traino dello sviluppo ma essenziale strumento di propulsione.
Il trasporto infine non deve invecchiare mai ma recepire le tecnologie più avanzate e pur operando all’interno di una visione globale, che i moderni programmatori definiscono nella politica dei piani, non deve burocratizzarsi pena lo scadere rapidamente in rigidità incompatibili con la produttività dinamica imposta dalla logica del costante evolversi dei problemi e delle soluzioni.
In questo contesto si inserisce il grande tema dei collegamenti dalla Sardegna che proprio nei trasporti registra il condizionamento che, per tanti versi, si configura come strozzatura del suo sviluppo.
E questo ha origini politiche, tecniche e giuridiche. Alle prime ricondurrei il contenzioso aperto dalla società sarda con i poteri centrali dello Stato, connesso all’insularità da un lato e dalla “continuità territoriale” dall’altro.
Mentre la prima rappresenta un fatto esclusivamente geografico, la seconda ne costituisce l’unica possibile soluzione politica.
Non occorre essere dei grandi economisti per capire come le produzioni sarde (specie le materie prime e comunque tutte quel le che non espongono un elevato valore aggiunto) perdono di competitività rispetto alle produzioni concorrenti del Continente e sono perciò smesso messe fuori mercato dagli elevati costi aggiuntivi conseguenti al trasporto marittimo. È vero che anche questo ha una sua dinamica economica ma, come avviene in Italia per quello ferroviario ed in analogia a quanto praticato in altri Stati nelle relazioni di traffico marittimo fra le regioni di terra ferma e le isole, il costo anziché pesare sulle tariffe viene assunto in misura prevalente dalla collettività nazionale, atteso l’effetto diffusivo promozionale che l’intensificarsi dei rapporti fanno ricadere sulla società in termini moltiplicatori dello sviluppo.
Il bilancio non si scrive, quindi, solo con le cifre delle uscite che pareggiano quelle delle entrate, ma con una moderna visione dell’economia nel corretto e fecondo rapporto fra costi e benefici.
Altro aspetto politico è costituito dall’esigenza (che io però chiamerei più correttamente diritto) delle collettività interessate ai diversi collegamenti di incidere e concorrere in modo determinante al formarsi delle decisioni relative alla loro organizzazione.
Solo gli utenti, attraverso le rispettive rappresentanze istituzionali e democratiche, sono in grado di esprimersi sulla quantità, la tecnologia, la frequenza, le velocità commerciali, i costi, gli orari ed i servizi dei trasporti di cui hanno bisogno con specifico riferimento alle diverse relazioni di traffico interne ed esterne ai rispettivi territori.
E questo è tanto più vero per la Sardegna che ancora oggi è sostanzialmente esclusa dalle decisioni che pur la riguardano e che troppo spesso si rivelano incoerenti, inadeguate e in troppi casi emarginanti.
L’autonomia deve diventare forza di partecipazione, di responsabilità e quindi anche di gestione in un contesto istituzionale che veda il potere regionale e centrale operare in sintonia, quali componenti essenziali di una medesima realtà statuale, e non poteri contrapposti o peggio gerarchizzati secondo una visione centralistica che la moderna democrazia regionalista dovrebbe cancellare progressivamente dal nostro Paese.
Questi concetti ricomprendono ovviamente l’intero sistema dei trasporti sardi secondo logica intermodale; da quello marittimo all’aereo, del trasporto su gomma a quello su rotaia.
L’insularità che, per taluni aspetti, implica soluzioni complesse li semplifica invece, soprattutto per quanto attiene all’organizzazione interna, non subendo i condizionamenti delle regioni contermini.
Sotto il profilo tecnologico nell’ambito marittimo è appena il caso di sottolineare che i trasporti debbono diversificarsi per il tipo di armamento, per il tonnellaggio unitario e globale destinato all’espletamento dei servizi dovuti, per il ricorso agli automatismi più avanzati così da rendere le operazioni di carico, scarico, stivaggio e trasporto sempre più rapide, sicure ed economiche.
Un trasporto quindi altamente specializzato che tenga i ritmi fisiologicamente accelerati del nostro tempo.
Ma trasporto significa anche infrastrutture portuali, aero-pur portuali, viarie e ferroviarie adeguate, sia pur nella loro articolata diversificazione, alla complessa dinamica della domanda e delle linee di tendenza di questa.
A ben poco servirà l’elettrificazione della ferrovia statale sarda se non si rettificheranno i tracciati, ampliando i raggi di curvatura, riducendo le pendenze, realizzando ponti, viadotti e gallerie che consentano tempi di percorrenza accettabili per merci e passeggeri.
Così come il progresso sardo sarà possibile solo se saremo capaci di vincere le sacche di isolamento che emarginano l’Ogliastra, il Sarcidano, il Gerrei, il Sarrabus, certe zone della Gallura ed altre che sarebbe troppo lungo enumerare.
Ma la Sardegna che vive sul mare deve curare soprattutto la sua portualità, non solo per quanto attiene all’infrastruttura che si compendia nell’ampiezza del bacino di evoluzione, nello specchio di acqua portuale, nella sufficiente profondità dei fondali, nello sviluppo e protezione delle banchine di accosto, nella disponibilità dei piazzali destinati alla movimentazione delle merci, nella disponibilità dei mezzi meccanici più potenti e sofisticati per meglio assistere l’utenza navale, ma anche in una moderna gestione del porto visto non come punto d’arrivo ma di transito delle merci\dei passeggeri, in un trasporto che non si muove fra porto e porto, ma, come suol dirsi, da porta a porta.
In effetti in esso si compendiano tutti i valori di un’azienda produttiva capace di confrontarsi e di competere con gli altri porti contendendo a questi crescenti volumi di traffico.
Questa è condizione essenziale perché il porto da strozzatura diventi un punto di forza dello sviluppo.
Imprenditori e lavoratori debbono trovare forme di collaborazione capaci di sviluppare una vigorosa politica di economia marittima che trovi nel porto un essenziale punto di forza. In questa logica si inquadra anche la gestione degli aeroporti. Sarà perciò rivendicato alla responsabilità della Regione ed agli altri soggetti investiti di potere pubblico,(dai Comuni alle Camere di Commercio, con la più ampia partecipazione delle forze sociali) elaborare un piano regionale dei trasporti al cui interno siano definiti i ruoli dei singoli sub-sistemi, ricondotti anch’essi in una previsione di piano che indichi con chiarezza la destinazione commerciale o industriale, turistica o peschereccia dei singoli scali marittimi e fissi gli obiettivi dello sviluppo cui il piano dei trasporti deve fare da supporto.
La Giunta regionale farà per intero il suo dovere, certa di poter contare sul consenso attivo delle popolazioni sarde nel confronto che ci auguriamo fecondo con il Governo e con le Aziende di Stato.