Diritti sociali dei lavoratori – Parlamento europeo – 13 settembre 1990

Signor Presidente, il nostro gruppo esprime il più vivo apprezzamento per il complesso lavoro, sintetizzato nelle lucide e organiche relazioni dei colleghi.
Una moderna società multinazionale deve assumere il valore sociale “lavoro” quale elemento qualificante di democrazia; valore che non può esaurirsi nella tradizionale dimensione politica, ma legittimarsi con una forte caratterizzazione di democrazia economica, ossia una stretta connessione tra sviluppo e crescita sociale. La definizione della figura del lavoratore comunitario, in sostituzione di quella squilibrata ed iniqua, fra migranti e nativi; la parità effettiva fra uomo e donna; la formazione professionale; la tutela sanitaria e, più in generale, dei deboli, anziani, fanciulli, handicappati; l’impegno dei paesi associati alla Comunità, quali EFTA, ad estendere ai lavoratori comunitari il trattamento giuridico e retributivo garantito ai colleghi operanti nello spazio comunitario hanno una forza innovativa da trasformare gli Stati comunitari in una patria comune, capace di dirigere la nostra democrazia verso un futuro di sicurezza e di pace.
Dobbiamo però rilevare che l’attuale politica della Commissione non consente di valutare tale progetto né attuale né realistico. A questo fine occorre uscire dallo schema del mercato per passare a quello ben più qualificante dell’unione politica. Altrimenti, i ricchi cresceranno in ricchezza e i poveri sprofonderanno sempre di più nel sottosviluppo. Oggi ci si muove ancora per compartimenti stagni, in modo incoerente e spesso conflittuale.
Come si può pensare ad uno sviluppo che dia certezza ai lavoratori quando, di fatto, si stanno definendo politiche che accentueranno gli squilibri interni alla Comunità? L’unificazione delle due Germania senza l’unificazione politica europea accentuerà il potenziale economico tedesco e l’egemonia complessiva sul Continente e sul mondo, minacciando per giunta le modeste risorse dei fondi strutturali oggi riservate alle regioni emarginate.
Dobbiamo respingere la crescente vocazione al sostanziale disimpegno della Comunità nei confronti del Sud Mediterraneo a beneficio apparente dell’Est europeo ma a sostanziale vantaggio di quelle forze che nella Mitteleuropa hanno sempre comandato e scritto la storia con il sangue dei popoli. È nella soluzione di questi antichi e nuovi nodi storici che vediamo la prospettiva di un futuro fecondo di progresso e di pace. Indubbiamente, il dibattito di oggi costituisce un significativo contributo, un passo verso questo futuro.