Intervento su Relazione Musso – Parlamento Europeo – 13-dicembre-1990

Signor Presidente, le riflessioni critiche della pregevole relazione Musso sui Piani integrati mediterranei hanno messo a nudo le lentezze progettuali e attuative registrate ai diversi livelli istituzionali, la pochezza delle sinergie attivate dal paternariato volto a dilatare le rispettive competenze più che a una feconda informazione fra gli organi comunitari, all’origine della modesta utilizzazione delle opportunità promozionali, quali l’accesso al credito della BEI. In proposito va notato peraltro, come nell’era dell’informatica, elettronica e telematica, Commissione e Parlamento, siano ridotti a discutere, alle soglie del ’91, la situazione PIM esistente nell’88, rischiando valutazioni prive di significato perché inattuali e superate dall’evoluzione dei fatti.
L’esperienza comune suggerisce: maggiore informazione, assistenza e collaborazione in luogo di gerarchia e controllo. Ciò costituisce il vero potenziale del successo.
Concludendo, due osservazioni: il giudizio positivo sui PIM si fonda soprattutto sul sistema di programmazione globale dell’insieme delle risorse disponibili, coordinate verso specifici obiettivi di sviluppo. In effetti, e lo osservava adesso Guiterrez Diaz, la modestia dei volumi finanziari riduce grandemente le ambizioni di successo, specie nelle zone a più forte intensità di sottosviluppo. Seconda osservazione: i ritardi registrati nel decollo dei PIM nell’Italia meridionale non dipendono dal maggior spazio d’autonomia delle istituzioni regionali, ma dai pesanti ritardi dello sviluppo e conseguente debolezza strutturale, nel suo complesso, della Comunità.
Cultura dell’organizzazione amministrativa ed economica, imprenditorialità, ricerca e un ambiente dinamicamente volto a promuovere progettualità ed attuazione, non si sostituiscono con una norma giuridica di autonomia, ma dall’autonomia sono promossi, sviluppati e realizzati. Ancor più che le risorse finanziarie, credo fermamente che il motore primo dello sviluppo sia la libertà che, al momento, chiamiamo autonomia, ma che nel domani dell’Europa lotteremo perché sia Stautalità Federale.