Intervento in Consiglio Regionale, 1982-84

PRESIDENTE Ha domandato di parlare l’onorevole Melis. Ne ha facoltà.
MELIS (P.S.d’Az.) Signor Presidente, mi consenta, nel prendere la parola di rivolgerle un personale caldo saluto mentre ella, mi pare per la prima volta, assume l’ufficio di vicepresidente al quale la fiducia dell’assemblea lo ha chiamato. L’augurio è che ella possa svolgerlo sempre con la stessa dignità, con lo stesso impegno democratico, con lo stesso prestigio che hanno contraddistinto la sua azione politica in questa Assemblea in tutti questi anni, il difficile compito di guidare il massimo consesso regionale nella marcia di rinascita del popolo sardo.
Detto questo, vorrei soffermarmi molto brevemente sui temi che costituiscono oggetto dell’odierno dibattito, perché questi hanno formato materia di discussione qualche settimana fa, ed io personalmente, per il mio gruppo, ho avuto occasione di esprimere le valutazioni critiche che le proposte della Giunta ci suggerivano ed ho denunziato quella carenza di progetto politico che ci pare si si pone molto più gravemente perché nel precedente dibattito sembrava aprirsi uno spiraglio, una speranza^ l’incontro della Giunta col Governo, con i Ministri finanziari, con i Ministri della spesa, i Ministri delle partecipazioni statali, dell’industria, con coloro i quali possono, attraverso le loro decisioni, contribuire in modo rilevante a risolvere il problema sardo.
Oggi abbiamo le riposte: siamo veramente al fallimento, al collasso perché le relazioni dei due Assessori sono state le relazioni dell’insuccesso che la Giunta ha registrato nel suo confronto con il Governo. Nessuna delle aspettative che nelle fabbriche, nella società, nei consigli comunali, nei dibattiti che sindacati, organizzazioni sociali ed infine il Consiglio regionale hanno formulato, nessuna di quelle aspettative trova accoglimento, risposta da parte del Governo. È il fallimento; cosa aspetta la Giunta a trarne le conseguenze?
Quando si parte con il proposito di raggiungere determinati risultati e questi vengono mancati totalmente il fatto è politico, la conseguenza non può che essere politica. La Giunta deve dichiarare la sua impotenza, la sua incapacità a risolvere il problema, e dimettersi. Badate che oggi il permanere di questa Giunta in queste condizioni, è una responsabilità grave che non credo il Presidente, nella sua sensibilità vorrà assumersi, ne le forze politiche che lo sostengono vorranno solidalmente con lui assumersi. Quando si parla di titolo terzo e si ritorna dicendo che il Ministro Andreatta sarebbe disponibile a dare 186 miliardi (mi pare così di aver sentito nella relazione del collega Floris) e si omette però di dire che in quei 186 miliardi sono da ricomprendere le somme da destinare al “348”, sono da ricomprendere le somme destinate all’ETFAS, sono da ricomprendere tutte quelle somme per funzioni, competenze e compiti che ancora non sono stati trasferiti alla Regione sarda, ebbene, è chiaro che, lungi dal migliorare, la condizione della finanza sarda va a drammatizzarsi, a peggiorare, a registrare insomma, un insuccesso ancora più clamoroso di quanto non sia, pur nella sua gravità estrema, la situazione attuale.
Il problema del titolo terzo un problema che il Presidente prometteva di risolvere, che dava – direi – per scontato, Badate che il Ministro Andreatta alla Giunta laica e di sinistrai, così generosamente ricordata dal collega Ladu, non aveva detto no; aveva addirittura chiesto il parere di conformità sulle nostre articolate richieste al Ministro delle Finanze, il che significa che il Ministro del Tesoro non contestava, perché se avesse ritenuto di dover contestare, avrebbe prima di tutto fatto le sue osservazioni, e poi trasmesso con queste al Ministro delle Finanze per un eventuale consenso, per una intesa; mentre al Ministro delle Finanze onorevole Formica, le richieste della Giunta regionale sarda sono pervenute senza contestazioni da parte del Ministro del Tesoro, ed allora, stiamo tornando indietro.
Presidente della Giunta (ROICH): Preciserà l’on. Muledda, se deve parlare, perché non è esattamente come sta dicendo. Non è così. Preciserà l’on. Muledda che ha seguito bene…
MELIS Ella mi consentirà, io ho avuto, non l’onore, per carità, ho avuto il compito, l’incombenza, nell’espletamento del mio ufficio di Presidente della Giunta, l’opportunità di ricevere in sede di Giunta il Ministro Formica, aprendo un confronto con lui, qui a Cagliari, (non andando in processione a Roma, ma ricevendolo a Cagliari) su questo problema, e dicendogli: sei moroso nei confronti della Sardegna; sul tuo tavolo da mesi giace , inviatoti dal Ministro del Tesoro, la richiesta di parere, decidi. “Già effettivamente avete ragione” è stata la sua risposta, “È un grosso problema vi assicuro, in una settimana, dieci giorni darò risposta”.
La crisi si è sviluppata come tutti sappiamo, la risposta a voi non è stata data, e il Ministro del Tesoro, addirittura, sconvolge e travolge tutto il problema del titolo terzo, per cui si dice: “Volete le competenze, volete che siano trasferite a voi le funzioni di cui al “348? Benissimo, vi diamo le risorse”. Su questo punto il collega Muledda aveva già definito, anche quantificando, le risorse necessarie per fronteggiare gli impegni derivati dal trasferimento delle competenze di cui al “348”. Oggi, per superare come diceva l’Assessore, non solo i problemi di un adeguamento ai valori corrispondenti, a valori costanti presi ad una certa data dal vecchio sistema di calcolo delle fonti finanziarie del bilancio regionale, l’unica possibilità di equilibrio si attesta sui 400 miliardi. Noi non siamo al mercato, non stiamo contrattando il destino del popolo sardo in termini stiamo contrattando il destino del popolo sardo in termini di merce; stiamo lottando e non chiedendo, per l’affermazione di un diritto. E l’errore è quello di chiedere, l’errore è quello di postulare, è l’approccio al problema che è sbagliato, politicamente sbagliato. Debbono avere loro preoccupazione viva che nei sardi finalmente naturi la coscienza dell’emarginazione, perché i sardi lo stanno comprendendo ornai che da Roma solidarietà non arriva, che arrivano le promesse, che arrivano gli inganni, che arrivano soltanto lo scherno e la beffa di quelle realtà che si traducono in Giunte che “vanno chiedendo una sopravvivenza, quasi fosse un regalo e non un diritto.
Vede, Presidente, noi ci riempiamo la bocca di frasi fatte molto spesso. Parliamo di piccola e media industria: la Cassa per il Mezzogiorno le sta stendendo una dietro l’altra queste piccole e medie industrie, a raffica, le sta disintegrando, perché non sta pagando i contributi, non sta pagando i mandati, i diritti maturati da imprenditori, dagli operai economici sardi che realizzano opere, lavori, nell’interesse della pubblica amministrazione, nell’interesse della Cassa per il Mezzogiorno e la Cassa per il Mezzogiorno deve pagare, e paga con quattro, cinque, sei mesi di ritardo, mentre le banche continuano a chiedere somme enormi; e quale è la difesa? È la politica del Governo questa, ed è una politica antimeridionalistica, perché la Cassa per il Mezzogiorno si volge al Mezzogiorno e quindi una politica di questo genere nega al Mezzogiorno l’aria per respirare, non le risorse per arricchire, l’aria per respirare, manca il respiro! Sì, certo, non è la cartiera, non è il problema di Porto Torres o di Macchiareddu, ma è un grosso problema, che interessa questo tessuto di piccoli, medi operatori economici diffusi nel territorio che occupano migliaia di operai. So di una sola impresa che deve chiudere, di un piccolo imprenditore edile: 100 operai finiranno senza lavoro, ma quanti ce ne sono in questa condizione? Vuole che le legga le lettere del Direttore generale della Cassa per il Mezzogiorno? che dice: sì, se ne parlerà fra quattro, cinque mesi, perché il Ministro del Tesoro al Mezzogiorno fa mancare…
Presidente della Giunta (ROICH): Mille miliardi ha dichiarato il Presidente della Cassa ieri. Ha ragione, onorevole Melis
MELIS: Oltre mille miliardi, si vede che il Direttore generale della Cassa per il Mezzogiorno non lo sapeva, perché la lettera che le posso leggere subito, seduta stante, mi è arrivata stamattina, questo non lo dicevo. Glieli ha dati ieri, questa sarà una sorpresa che gli ha lasciato nella calza della Befana.
Presidente della Giunta (ROICH): Non ci siamo capiti”
MELIS: “Non glieli ha dati? Ah, mi sta dando ragione, credevo che glieli avesse dati ieri, cioè c’è una denuncia su questo, mi sta dando ragione. Non è che mi conforta molto che mi stia dando ragione, sospendono i lavori ma le banche non sospendono gli interessi però, e gli operai non cessano di mangiare; un complesso di cose che non si possono fermare, per cui veramente siamo in una situazione di difficoltà allucinante. È uno Stato che si può travolgere in Tribunale, come debitore moroso, inadempiente, come bancarottiere, coi poveri naturalmente, coi deboli, ovviamente, perché con i forti e con le aree forti no. Certe cose se le possono permettere con la Sardegna, con la Calabria, con le zone del Mezzogiorno! Cosicché noi ci troviamo oggi ad affrontare il problema di Arbatax.
Le cose che hanno detto l’amico Ladu o l’amico Oggiano vanno bene, ma il problema è di vedere con quale forza politica, con quale prospettiva noi andiamo a questa lotta. Cosa significa ripetere che occorre un empito e uno sforzo unitario? Avete chiuso voi le porte all’unità, avete voi sbarrato le porte a questo impegno, e lo si diceva; attenzione, perché un Governo sardo debole, scarsamente Governo sardo debole, scarsamente rappresentativo, che non si porti dietro il consenso delle masse operaie e contadine, che non abbia il consenso delle forze politiche, se non per calcoletti numerici, estrapolati più in una valutazione di potere (e ne abbiamo avuto triste riprova non più tardi di qualche giorno fa nell’occasione in cui si è eletto il Vicepresidente di questa Assemblea, quando il capogruppo della Democrazia Cristiana diceva: badate però che se qualcuno prova ad alzarsi dalla sedia presidenziale quel posto è nostro) per cui le istituzioni autonomistiche sono diventate oggetto di baratto, $ma la Giunta così fatta, una Giunta che si fonda soltanto su giochetti di questo tipo, che credibilità, che ascolto, che peso politico può avere? Se non ce l’ha qui, se non ha credibilità qui, in questa sede, ebbene, consentite, non ce l’avrà neppure a Roma. Il fallimento delle prospettive?
È fallito il rapporto di forze. Non è un rapporto di solidarietà né politica, né patriottica; dobbiamo prendere coscienza di questo, e dobbiamo armare politicamente e moralmente la nostra azione di una volontà diversa. Noi dobbiamo andare nei paesi, perché se no non si nobilita il popolo sardo, non mettendoci d’accordo fra quattro o dieci segretari di partiti, tra quattro o dieci segretari di sindacato in piccoli conciliaboli di vertice, possiamo mobilitare il popolo sardo, l’assemblea del popolo sardo? Ma scherziamo, quella sì che è una sede solenne ed importante: dovete voi scendere e denunziare nelle piazze il tradimento del Governo, l’abbandono del Governo!
Questo coraggio dovete avere, senza che questo significhi ribellarsi al proprio partito.
Ma che significano queste cose? Non significano niente, andiamo insieme a parlare al popolo e l’unità la ritroviamo in mezzo alla gente, con la gente legittimiamo la nostra azione e la nostra sfida col consenso popolare ( se questo avrete, se questo avremo tutti insieme). Allora sì che l’azione unitaria potrà avere più ascolto in sede di Governo! O ci manderanno i carri
armati e la polizia, Presidente? No tanto non ci prendono sul serio, e forse è questa la vera ragione; lei non ci crede a queste cose, ecco perché non crede nei carri armati. Ma, mi creda, Presidente, non c’è altro modo per scuotere l’indifferenza ed il cinismo di una classe dirigente che ha fallito internazionalmente, che sta fallendo nazionalmente, che è travolta dagli scandali e dalla corruzione, dall’inettitudine, che non gode di nessun prestigio, né nazionale né internazionale. Per vincere una classe dirigente come quella occorre forza di popolo e non l’amicizia più o meno intermediata, da improvvisati e non sempre chiari amici con questo o quel Ministro.
E di più non dico.
E allora Arbatax, un’azienda che ha le carte in regola (perché è in condizioni di produrre tecnologicamente bene), che certo è stata trascurata perché non si sono fatte le manutenzioni, non si sono fatti gli aggiornamenti tecnologici, perché si è ridotto, come dire, l’ambito produttivo (prima mi pare si facesse anche la carta per gli elenchi telefonici, adesso non si fa più si fa solo carta da giornale] ad un tipo di produzione molto grossolana, primaria diciamo, il problema di Arbatax è molto semplice: è quello di trovarle non solo uno spazio, una collocazione nel polo pubblico, liberandola da questa pleiade di fallimenti, all’interno della quale il proprietario o il titolare delle azioni sta cercando di inserirla e l’ha inserita anzi, per farla emergere, nella sua peculiarità, nella sua capacità produttiva, ma riattivandola immediatamente, perché altrimenti perde mercato ogni giorno, Noi dobbiamo ampliare il mercato, ma finché sta chiusa perde mercato, ogni giorno che passa è una condanna che noi stiamo pronunziando contro questa azienda, contro quegli operai, contro l’intera area ogliastrina.
Altro che relazione! Qui veramente dobbiamo denunziare in tutta la sua drammaticità e con urgenza un’azione che sia però capace di portarci allo scontro, per dire: vi diamo un calcio in faccia, vi respingiamo, noi non vi riconosciamo meritevoli della solidarietà dello Stato. E state attenti alle manovre anche sul piano formale, perché quando si dice amministrazione controllata, e si dice nomina di Commissario, sappiamo che tale nomina significa per Marcora la liquidazione, la smobilitazione, perché Marcora ha una visione negativa in fatto di oartiere! È un pericolo ed un pericolo grosso! Marcora ha qualche precedente in materia di cartiere e quindi la Giunta farà bene ad esercitare tutta la sua vigilanza, tutta la sua attenzione in questo campo.
Quanto ai problemi della chimica, non voglio soffermarmi sul fatto che il cracking di Macchiareddu si mette in concorrenza con il cracking di Portotorres che nella produzione di fibre, praticamente, sinché ci si ferma all’acrilico, si scatena la concorrenza tra Villacidro, Ottana, Porto Torres o Macchiareddu; che il problema è di sviluppare il poliestere, perché è una fibra più raffinata, e la produce solo Ottana, mi pare, per cui non vi è concorrenza con le altre industrie sarde.
Quello che io chiedo alla Giunta è: voi potete accettare in termini tecnici o di economia aziendale un discorso ai questo genere per Ottana? Qual’è la genesi politica di Ottana? La Commissione d’inchiesta sui fenomeni di criminalità in Sardegna ritenne che questa era frutto dell’arretratezza, di un ritardo nello sviluppo, che andava colmato. Pertanto Ottana era uno strumento di sviluppo, di crescita civile, non tanto e non solo un fatto economico ed occupativo, era la chiave per rompere una visione arcaica di una società che era ferma nel tempo, e che bisognava finalmente reinserire in un mondo…
(Interruzione dell’on. BUZZANCA)
MELIS …Perché i pastori se non mungono pecore non hanno diritto a guardare avanti?I pastori devono mungere le pecore a testa china e basta? Avete una visione veramente statica della società, una visione fallimentare, voi avete solo la forza di gridare e di disturbare! I1 giorno che farete proposte politiche, forse vi ascolteremo con maggiore interesse.
Dicevo Ottana sorge, salvo l’errore nella scelta di tipo industriale (senza
bisogno che ce lo diciate voi) perché lo abbiamo detto sempre che Ottana era un errore come scelta industriale.
Queste queste cose sono state ripetute tante volte; tutti hanno il diritto di dire che lo capiscono quanto un consigliere regionale, addirittura quanto un consigliere regionale radicale, ma annoia tutti ripetere queste cose, perché le abbiamo dette da sempre, che la scelta industriale merceologica era sbagliata!
In ogni casco che una scelta industriale, e che quella scelta fosse finalizzata al recupero della Sardegna centrale, ebbene, su questo non c’è dubbio; oggi ci fanno i conti, se oggi la mettiamo sul piano aziendalistico, se i significati politici sono venuti meno, i problemi della Sardegna centrale sono stati risolti, ebbene, quanto a questo, credo che la Giunta abbia argomenti possenti per attestarsi su posizioni di lotta.
Certo, quando passa sulla nostra testa un accordo Eni-Montedison, che riserva a noi soltanto produzione di materie prime, lasciando alle altre aree le seconde, le terze, le quinte lavorazioni (perché materia (di chimica, ormai la chimica fine è delle settime, ottave, decime lavorazioni) è chiaro che stiamo accettando ancora una volta un ruolo coloniale. Così come per il piombo-zinco: anche stamane il nostro Assessore ci diceva: no, di seconde e terze lavorazioni per il piombo-zinco non se ne parla nemmeno, sì produce solo materia prima. Quanto fra l’altro, quanto? E così, per l’alluminio, alluminio primario, insomma, io non dico che il dibattito di oggi è stato aperto da una proposta politica, ma semplicemente da una relazione, sinceramente in questa relazione non abbiamo visto prospettive.
Sì, il dire che sul piano minerario, parlando dell’alluminio, parlando degli altri settori dei materiali non ferrosi la prospettiva di ricerca si è limitata nel tempo ed è limitata nello spazio, sono soltanto espressioni di una volontà che è coerente ad una politica generale del Governo nei nostri confronti; chiudere l’esperienza mineraria, perché le attività che danno reddito, quelle sono riservate a Porto Marghera, quelle sono riservate ad altre aree fuori dalla Sardegna. Cioè ci si fa trascinare ancora per qualche tempo in condizioni di assistenza, fino che l’assistenza diventa un fatto non più accettabile, e questa esperienza si chiude.
Vuol dire che l’emigrazione, da 500.000 passerà a 700 a 800.000 unità e la Sardegna diventerà uno spazio ancora più appetibile per le esercitazioni militari, per gli eserciti della NATO e di tutti coloro che in un modo o nell’altro possono venire ad utilizzarla come spazio e non più come Regione nella quale si sviluppa un progresso civile, economico e sociale.
Io spero che il Presidente dia risposte e dia prospettive ma comunque, mi pare di poter dire che l’appello all’unità passa attraverso le cose reali, e non attraverso le parole. Se ci crediamo nell’unità realizziamola, ma realizziamola nei fatti! Questo è un giorno che può aprire una qualche speranza, se noi sappiamo ritrovare quell’empito solidaristico senza il quale la Sardegna è sconfitta.
Noi sardisti, non a caso, abbiamo proprio nello slogan che ci contraddistingue ritrovato il simbolo, l’emblema di una Sardegna che
lotta. Se si è uniti si può progredire e vincere; se si è disuniti come oggi si è disuniti, si fa verso la sconfitta.
Voi democristiani in particolare (la precedente Giunta ne ha fatto una esperienza drammatica) avete dimostrato quanto si possa essere disuniti. Bene lo avete dimostrato dall’opposizione, non dimostratelo ancora da questa posizione di maggioranza! riaprile le porte alla solidarietà perché la Sardegna di questo ha bisogno!