Appunti per l’incontro con il Ministro Darida, 1986

I temi principali che hanno formato oggetto del confronto tra la Regione e le Partecipazioni Statali in questi ultimi periodi sono i seguenti:

▪ 1 Vertenza Sulcis
Esuberi di manodopera derivanti da ultimazione lavori di costruzione centrale Enel.
▪ Ipotesi :
Cassa Integrazione Guadagni e attivazione società di job creation per la promozione di nuove opportunità di produzione lavoro.
La società di job creation può essere costituita dagli enti, a partecipazione statale (Efim, Eni, Iri) più altri soggetti pubblici statali e regionali.
Utile potrebbe essere una presenza dell’imprenditoria privata regionale e no.

▪ 2 Settore Metalmeccanico
Le difficoltà che il settore incontra possono essere meglio affrontate con più precisi impegni delle partecipazioni statali sull’utilizzo di imprese locali per lavori e forniture nonché con possibile azione comune per l’acquisizione di nuove commesse anche all’estero.
È possibile un piano di settore che raccordi pubblico (Intermare, Euteco, Metallurgica Tirso, Metallotecnica) e privato in funzione di uno sviluppo del settore sardo sui mercati internazionali.

▪ 3 Polo Metallurgico
San Gavino – ampliamento capacità lavorazione piombo d’opera – commercializzazione ossidi piombo.
Sviluppo attività metallurgica secondaria per rafforzamento stabilimento
Polo Piombo-Zinco – verifica dell’attuazione del progetto di settore (quasi concluso)

▪ 4 Alluminio
Valorizzazione bauxite Olmedo anche in connessione con la massima produzione di Eurallumina instaurando connessi funzionali, tra estrazione e metallurgia.
Verifica attuazione programmi di risanamento ecologico (copertura celle elettrolitiche) nel quadro dei programmi Allumina.

▪ 5 Enegia
Carbone: verifica costituzione e attività delle Società Enel-Eni-Enea sulla valorizzazione energetica e tecnologica del Carbone Sulcis.
Metano: Verifica del progetto minero-industriale di metanizzazione in Sardegna – Impegno del Ministro DarIda d’intesa con Regione per realizzazione progetto.

▪ 6 Chimica e Fibre
Verifica dell’attuazione degli accordi sindacali.

▪ 7 Politica di Sviluppo
Definizione di progetti di reindustrializzazione e nuova industrializzazione da concordare con Regione e parti sociali da varare nel corso della II Conferenza delle PPSS.

Linee di sviluppo
⁃ Verticalizzazione settori di base
⁃ Integrazione interessi produttivi con attività di ricerca
⁃ Trasferimento in Sardegna dei centri decisionali
⁃ Utilizzo strategico degli investimenti pubblici a sostegno e sviluppo PMI Sarda
⁃ Forme di job creation e sostegno delle PPSS alle imprese locali
⁃ Nuovi investimenti in Sardegna (anche utilizzando a tal fine economie derivanti da riassetto societario Eni)
⁃ Impegno dell’Iri ad individuare in Sardegna IV area di intervento nel Mezzogiorno (ex L. 64/86)
⁃ Costituzione gruppi di lavoro per la definizione e verifica dei progetti di sviluppo e la preparazione della conferenza delle PPSS.

Nota per l’incontro con il Ministro delle Partecipazioni Statali

Come noto, la razionalizzazione e la ristrutturazione dell’industria chimica nazionale, ha drasticamente ridimensionato i livelli occupati vi per la Sardegna incidendo profondamente anche nel contesto sociale dell’Isola.
Purtroppo non si può non ricordare che fino ad ora è stata dedicata scarsa attenzione alle insistenti richieste della Giunta Regionale di recuperare un numero maggiore di impianti produttivi ex Sir dell’isola. In questo modo si sarebbe potuta anche limitare la perdita di posti di lavoro e nel contempo si sarebbe contribuito ad attenuare il saldo negativo degli scambi con l’estero di prodotti chimici, caso unico per i grandi paesi industrializzati (va infatti ricordato che nel corso dei 1986 il trend del saldo negativo va assumendo dimensioni considerevoli, se si pensa che solo nei primi 6 mesi dell’anno il deficit ha sfiorato i 4 mila miliardi di lire).
Un esempio positivo delle richieste concrete della Giunta è rappresentato dal salvataggio di una parte consistente della attività intermedia per fibre dello stabilimento di Ottana, realizzato grazie all’intervento decisivo del governo nazionale. Quest’ultimo intervento ha consentito di gestire l’azienda con discreto profitto. I fatti ricordati riguardano il passato recente che però è opportuno tenere presente per le azioni future.
Ora, tenendo conto, da una parte, dell’evoluzione positiva verificatasi negli ultimi due anni nella industria chimica italiana, e dall’altra del promettente quadro internazionale per quanto attiene il costo del petrolio ed il minore sviluppo di nuovi poli produttivi (Medio Oriente, Brasile, ecc.), che si preannunciava consistente nei paesi ricchi di petrolio o di altri idrocarburi, si chiede che l’Eni dedichi un maggior impegno al consolidamento ed allo sviluppo dell’industria chimica dell’isola che si ritiene ancora debole, tra l’altro per non aggravare e, fin dove possibile, per attenuare le conseguenze sull’occupazione sopra accennate.
In maggior dettaglio si richiede:
1) Il rispetto se non delle promesse almeno degli accordi siglati tra l’Enichem e i sindacati locali. L’elenco dei punti ancora da realizzare è allegato alla presente. Il completamento delle azioni previste nell’accordo è indispensabile per migliorare l’attuale stato precario specialmente dello stabilimento di Assemini.
Va qui dato atto all’azienda che per la maggior parte dell’accordo ha rispettato tempi ed impegni.
2) La destinazione di maggiori investimenti, tenendo anche conto del fatto che si preannunciano profitti valutabili a fine anno nell’ordine di circa 100 miliardi, indirizzati al consolidamento ed al rinnovamento della struttura produttiva esistente, comprese le infrastrutture.
Va tenuto presente che gli impianti della Sardegna nella maggior parte hanno più di dieci anni di vita, perciò allo scopo di mantenere un buon livello di competitività, andrebbero rinnovati con gradualità. Al riguardo è indispensabile un dettagliato piano organico.
Nel quadro del rinnovamento e di eventuali sostituzioni si chiede che Enichem, come avvenuto nel passato, costruisca in Sardegna il futuro impianto dell’intermedio per detergenza Sas (alcanosolfonati secondari) la cui sperimentazione pilota è in corso a Porto Torres. La Regione ritiene inoltre che un sostengo consistente alle produzioni esistenti deve essere dato anche da qualificati centri di ricerca applicata, opportunamente dimensionati e strutturati. A questo scopo chiede che venga costituito un centro di ricerca fibre ad Ottana – dove oramai è concentrata la produzione del gruppo – e rafforzato quello chimico di Porto Torres.
3) L’avvio di studi tesi a programmare anche per la Sardegna attività industriali di chimica secondaria e di trasformazione delle materie plastiche e delle fibre ove possibile tenendo conto della posizione geografica e specialmente della disponibilità di materie prime dell’Isola.
In futuro attraverso questa strada si dovrebbe contribuire a rendere l’occupazione, almeno in parte, meno soggetta alle conseguenze negative delle crisi congiunturali dell’industria chimica in generale e di quella primaria in particolare.
4) L’aggiornamento del piano nazionale dell’etilene, tenendo tra l’altro conto anche delle necessità di rinnovo di qualche impianto. In questo contesto riconsiderare, come a suo tempo previsto, la convenienza a completare il cracking di Cagliari.
5) La verifica periodica dei 45 progetti Insar attualmente in fase di attuazione attualmente allo scopo di renderne concreta la realizzazione.
Infine, si chiede una più aperta collaborazione tra l’Eni o l’Enichem e la Giunta regionale tramite contatti diretti e con significative documentazioni dei programmi elaborati e delle decisioni maturate.

Allegato
Punti degli accordi 1984 Eni-Sindacati regionali sardi la cui realizzazione è in ritardo o è stata annullata.
Assemini
– Impianto polietilene bassa densità, capacità 70 kt/a, costruito, secondo i sindacati, per il 90%. Termine previsto per la fine dei la vori 1985. Progetto abbandonato.
Porto Torres
⁃ Impianto nuovo coke/olio/acqua. Prodotto per uso energetico, capacità 300 kt/a di coke. Ultimazione lavori prevista per gennaio/febbraio 1986, tuttora da completare;
⁃ Gomme speciali. Trasferimento delle produzioni da altri stabilimenti ancora da completare. In previsione di queste nuove produzioni è stata già sospesa la produzione di Gomme B5 nell’impianto da 73 kt/a;
⁃ Impianto cloro-soda. Mancata realizzazione della trasformazione ritenuta fattibile e conveniente dall’azienda che peraltro non aveva preso un impegno formale in merito;
⁃ Impianto nuovo per bisfenolo, da fenolo ed acetone di produzione dello stabilimento. Il bisfenolo è un intermedio pregiato per almeno due produzioni di resine speciali di Enichem. Non è stata presa ancora una decisione in merito.

Ottana
⁃ Trasferimento della Direzione Operativa delle attività fibre (scadenza non definita);
⁃ Manodopera in esubero. Mancato recupero attraverso la reindustrializzazione della zona.
Sarroch
⁃ Non risultano inadempienze specifiche.

Crisi dell’Economia regionale: Prospettive di Ripresa e Sviluppo

1. Gli obiettivi, dei piani di rinascita.
Lo sviluppo regionale negli ultimi venticinque anni può essere sintetizzato brevemente, sia per quanto riguarda gli obiettivi, sia per quanto riguarda gli strumenti, attraverso l’esperienza dei due piani di rinascita della Sardegna approvati con le leggi n. 588/1962 e n. 268/1974.
Benché la politica di sviluppo sia da far risalire alla fine degli anni Cinquanta, il primo piano di rinascita, con cui si identifica il processo di trasformazione dell’apparato produttivo regionale, viene approvato nel 1962. Gli obiettivi sono essenzialmente due: l’incremento dell’occupazione e lo sviluppo auto-propulsivo, cioè il raggiungimento di una situazione che garantisca al sistema economico regionale la possibilità di autoalimentarsi. Lo strumento utilizzato per raggiungere questi obiettivi sono gli investimenti che, non potendo essere manovrati direttamente, vengono sollecitati e incentivati tramite politiche di agevolazione.

2. Il comparto privilegiato dell’intervento straordinario.
Il comparto privilegiato dall’intervento è l’industria manifatturiera, perché solo esso ritenuto capace di svolgere un ruolo trainante nei confronti del resto dell’economia regionale e per il tramite di un incremento del saggio di accumulazione che costituisce, secondo una ben nota concezione de i modelli d i sviluppo diffusa nella letteratura economica del tempo, la variabile strategica di riferimento.
Come è noto, quelle politiche hanno soIlecitato una consistente domanda di investimenti finanziati prevalentemente con flussi esterni di capitale, che hanno dato per un certo periodo di tempo un contributo consistente all’occupazione e alla crescita del reddito regionale.

3. Le difficoltà emerse con il secondo piano di rinascita
Il secondo piano di rinascita, approvato con legge n. 268/1974, a parte alcune modifiche di natura istituzionale, non introduce grandi innovazioni rispetto al precedente piano negli obiettivi e negli strumenti della politica di sviluppo regionale.
I risultati conseguiti con l’attuazione deIla legge n. 2 6 8 / 1974, invece, sono deludenti , sia per le mutate condizioni di mercato di alcuni settori (soprattutto chimica di base , fibre, metallurgia), sia per le incipienti difficoltà a carico del bilancio statale.
Così, a partire dal 1978, il sistema economico regionale comincia a far registrare, con il venir meno dei flussi esterni di capitale, una caduta degli investimenti e del reddito, che portano a un drastico ridimensionamento del sistema industriale regionale e a un consistente aumento della disoccupazione, ritornata ai livelli precedenti la politica di sviluppo.
Il punto culminante della crisi viene raggiunto negli anni 1982-83, quando il prodotto interno lordo regionale raggiunge valori assolutamente inferiori a quelli degli anni precedenti.

4. Il fallimento degli incentivi finanziari
Il fallimento della politica degli incentivi era chiaro a molti fin dalla seconda metà degli anni Settanta, ma la serenità di giudizio è potuta intervenire solo con la riflessione e con i risultati ormai acquisiti.
Ciò che è necessario rilevare e ribadire più volte è la constatazione secondo cui lo sviluppo economico costituisce un processo lungo e complesso, allo svolgimento del quale contribuiscono numerosi fattori. Pertanto è fuorviante ritenere che il meccanismo dello sviluppo possa essere messo in moto e possa funzionare in modo automatico e deterministico anche quando siano state individuate le variabili cruciali che esercitano su di esso l’influenza maggiore.
Il grande errore contenuto nella politica degli incentivi è stato quello di ritenere che il fattore capitale fosse l’unico determinante del motore dello sviluppo e per di più che fosse sufficiente preoccuparsi del solo momento dell’installazione degli impianti, lasciando poi al singolo imprenditore la soluzione dei problemi relativi alla gestione e alla crescita. Soprattutto le piccole imprese, è ben noto, non sono in grado di sopravvivere se non sono adeguatamente sostenute nelle funzioni in cui sono più carenti e cioè la imprenditorialità e la commercializzazione. Ciò è vero soprattutto in aree caratterizzate dalla presenza di pesanti diseconomie esterne.

5. Prospettive di ripresa
Alla scadenza del secondo piano di rinascita, pertanto, ne1 1984, la Sardegna si trova a verificare un sostanziale fallimento nel perseguimento degli obiettivi della piena occupazione e dello sviluppo autopropulsivo.
Nonostante il mancato perseguimento dei due obiettivi fondamentali della politica di sviluppo regionale, al secondo piano di rinascita non è seguita alcuna proposta per una nuova politica regionale, per cui oggi ci si trova ad un punto di partenza, sia per quanto riguarda il perseguimento degli obiettivi del pieno impiego e dello sviluppo autopropulsivo, sia per quanto riguarda l’elaborazione di un nuovo piano di sviluppo.
Inoltre, e ciò aggrava la situazione, i sistemi economici occidentali sono oggi sono caratterizzati da un saggia di progresso tecnologico particolarmente intenso, che modifica rapidamente le condizioni di mercato e costringe le imprese ad assumere strategie e connotati di flessibilità, in modo tale da rispondere adeguatamente ai continui mutamenti. Fatto quest’ultimo che induce aggi ad affermare, ancora più di ieri, che il ruolo del fattore capitale nel processo di sviluppo economico non è certamente il più. importante e che, comunque, non è la carenza di capitali che costituisce la strozzatura dello a sviluppo.

6. L’importanza dell’innovazione tecnologica dell’organizzazione industriale ed istituzionale
Il settore industriale mantiene ancora un ruolo importante come motore dello sviluppo, ma esso va perdendo la rilevanza che aveva nel recente passato, sia perché, al crescere del reddito, la domanda, si dirige sempre più verso servizi che dal punta di vista quantitativo assumono un peso progressivamente crescente nella composizione del PIL, sia perché il meccanismo di accelerazione dello sviluppo conseguente alla realizzazione delle economie di scala ha visto attenuare la sua efficacia, soprattutto per i settori più innovativi, ma non solo per questi.
Così, i rendimenti crescenti connessi alla dimensione non sono l’unica spiegazione e, forse, nemmeno la spiegazione principale della crescita della produttività. Altri elementi, per esempio l’innovazione tecnologica e l’organizzazione istituzionale e industriale .svolgono un ruolo fondamentale e e consentono, nel medio e lungo periodo, di mantenere tassi di crescita della produttività elevati, nonostante il rallentamento del tasso di sviluppo. Ciò, lungi dal negare l’esistenza della relazione fra crescita del prodotto e crescita della produttività, pone in evidenza l’importanza dei fattori connessi alla funzione ricerca e sviluppo (“R & S”), ai processi di apprendimento, all’organizzazione i industriale, al marketing, ecc.

7. Le condizioni della ripresa
L’innovazione tecnologica dunque è destinata a svolgere un ruolo fondamentale nel rilancio dell’economia regionale. Al riguardo, si deve ricordare che il settore industriale costituisce ancora oggi un punto di riferimento centrale di qualsiasi politica economica volta al perseguimento degli obiettivi del pieno impiego e dello sviluppo autopropulsivo. È innanzitutto nei confronti del settore industriale, pertanto, che devono essere realizzati tutti gli interventi strategici.
I provvedimenti finalizzati a favorire l’afflusso di capitali devono, infatti, costituire realmente uno shock efficace per le imprese, sia come motivo di richiamo e di installazione nell’Isola, sia per la loro permanenza.
II richiamo deve essere costituito, oltre che da una particolare attenzione) nei confronti del settore industriale, da un “pacchetto” di agevolazioni consistente, che superi in efficacia i tradizionali incentivi. Sembra opportuno pensare a provvedimenti di natura fiscale (come la costituzione di una zona franca nell’Isola), amministrativa e valutaria che non alterino, se non in misura limitata, la legislazione esistente e
costituiscano, tuttavia, motivi di convenienza economica alla localizzazione in Sardegna.
Il motivo della permanenza deve essere giustificato da una struttura di economie esterne e di servizi reali che renda indifferente, se non addirittura più favorevole, per l’ impresa che si sia localizzata in Sardegna, l’ubicazione scelta rispetto a quella di altre aree. In quest’ultimo caso il compito della pubblica amministrazione è molto impegnativo e richiede, comunque, un radicale rinnovamento negli obiettivi e negli strumenti della gestione dell’economia regionale.
A questo punto occorre ribadire che semplici provvedimenti di natura fiscale, in parte peraltro esistenti, non sono sufficienti a richiamare capitali esterni di cui l’economia regionale ha necessità per abbreviare i tempi dell’attivazione della ripresa del suo sviluppo. Sono necessari provvedimenti aggiuntivi; questi provvedimenti aggiuntivi, comunque, non possono funzionare da soli come strumento di sviluppo autopropulsivo, ma devono essere accompagnati da adeguate economie esterne e da un’offerta di servizi reali.
D’altra parte, è possibile dire che neppure questi ultimi da soli sono sufficienti, in quanto se è vero che permettono la crescita delle imprese, è anche vero che l’accumulazione da esse provocata non sarebbe in grado, se non in periodo molto lungo, di attivare il circolo virtuoso dello sviluppo.