Convegno Union Quadri – anni 1984-’89

Nel porgere il saluto del governo regionale desidero manifestare l’apprezzamento per questo Convegno che evidenzia la volontà e l’impegno dell’Unione-quadri di porsi come soggetto d’iniziativa e di proposta rispetto alle problematiche dello sviluppo economico e sociale della nostra regione.
La vostra Associazione si pone come una realtà organizzativa nuova, culturale, tecnica e operativa, che la Regione è ben lieta di prendere in considerazione, ricordando la battaglia sindacale da voi condotta, con molta serietà e responsabilità, e il riconoscimento giuridico ottenuto dal Parlamento italiano.
I temi del Convegno sono di rilevante interesse perché affrontano i problemi dell’evoluzione delle relazioni industriali e delle trasformazioni tecnologiche che richiamano assieme alle tendenze del processo di sviluppo della società e ai problemi connessi alla formazione e all’organizzazione dei quadri.
II ruolo dei quadri rispetto alla soluzione della questione sarda è affermato in una pagina importante della storia della Sardegna,scritta da un grande economista, del secolo scorso. Quintino Sella, a conclusione dei lavori della Commissione parlamentare di inchiesta sulle miniere in Sardegna.
Egli poneva il problema dei quadri che allora richiamassero capi-operaio, tra le condizioni pregiudiziali o nodi storici da sciogliere e per avviare il processo di sviluppo dell’Isola, insieme ai trasporti, all’energia e alla “salubrità dell’aria” (malaria). E suggeriva di risolverlo con il trasferimento di capi-operai.
Un tema che torna negli studi preparatori del Piano di Rinascita, in una dimensione notevolmente allargata a tutto il processo della formazione: dall’istruzione di base alla formazione dei quadri intermedi e direttivi.
Se voi siete qui, come nuovo soggetto d’iniziativa e di proposta in un ruolo di cerniera all’interno dell’impresa e anche perché un lungo cammino è stato compiuto.
Giustamente voi vantate la crescita dell’Union Quadri dalla sua istituzione nel 1975 ad oggi e le battaglie vinte nel richiamare l’attenzione sui volori della professionalità, del merito, dell’efficienza e sul contributo offerto dai quadri allo sviluppo delle nuove tecnologie e al proporsi di una nuova cultura tecnica come dominante nel mondo del lavoro e anche nella società.
Consentite anche a me di constatare che anche la Sardegna grazie all’autonomia è cresciuta, raggiungendo al censimento 81 indici di istruzione media e superiore pari alle regioni del Nord Italia, generando una nuova classe dirigente di cui voi siete una delle espressioni. Questa crescita culturale, democratica e autonomistica, non era forse neppure ipotizzata in tempi così brevi agli inizi dell’esperienza regionale.
Non mi soffermerò sui temi del pluralismo delle forme di rappresentanza, della crisi dei grandi soggetti collettivi, sull’evoluzione in atto nel sistema delle relazioni industriali, sui nuovi meccanismi negoziali.
Né starò qui a interrogarmi sulla peculiare natura dell’Union-Quadri e se sia da preferire la formula dell’Associazione professionale o quello, del Sindaco dei quadri, anche perché ritengo che le stesse forme associative e sindacali attraversino anch’esse un processo di modernizzazione. Più importante mi sembra sottolineare il contributo che la vostra esperienza può fornire ad un processo di sviluppo impostato sulle innovazioni tecnologiche e ai suggerimenti che ci possono venire per una politica della formazione professionale e soprattutto le indicazioni di prospettiva ed operative atte a mobilitare e organizzare nuove energie da impegnare nello sviluppo dell’economia sarda.
Il problema della formazione professionale e dei quadri si pone oggi in Sardegna in termini più vasti rispetto al passato e diversi rispetto ad altre regioni più progredite.
Delle nuove dimensioni ci avverte il fenomeno preoccupante della disoccupazione intellettuale dei diplomati, dei periti, dei laureati che costituiscono una grossa percentuale della disoccupazione giovanile sarda. Della nuova qualità, cioè della nuova dimensione tecnica, professionale e organizzativa ci avvertono le prospettive della nuova fase di sviluppo che ha marcate caratteristiche tecnologiche, e la crisi della scuola e delle strutture formative che non riescono più a soddisfare la domanda di professionalità dei quadri intermedi e direttivi.
Il Convegno è chiamato innanzitutto a una valutazione, anche critica di queste nuove dimensioni del problema della professionalità in una fase particolarmente difficile quale è quella che attraversa la Sardegna.
Parlando a quadri che vivono la realtà sarda dall’interno è superfluo che io mi soffermi a dire o ripetere che cosa è accaduto in Sardegna in questi anni; pare più utile e produttivo chiedere su quali diverse ipotesi di lavoro può svilupparsi un discorso di prospettive senza trascurare le interdipendenze col processo di sviluppo.
La formazione operaia e dei capi-operaio ha sofferto e tuttora soffre in Italia del fatto che è affidata a responsabilità suddivise da un lato del Ministero dell’Istruzione (Istituti Professionali) e dall’altro del Ministero del Lavoro (Centri di addestramento ora delegati alla Regione), che portano a una grande dispersione di mezzi senza raccordi efficaci col mondo del lavoro.
In merito occorre tener conto che la Regione può agire solo sul segmento limitato dell’addestramento operaio e artigiano.
La formazione professionale dei quadri intermedi e direttivi, che nel Nord trova strutture pubbliche e private (la Bocconi, i Centri di ricerca collegati alla grande industria, etc) non ha nel Mezzogiorno e tantomeno in Sardegna, strutture operative specifiche.
Queste strutture non solo mancano a livello tecnologicamente avanzato, ma anche a livello di soddisfazione elementare della domanda di formazione.
Vi siete mai chiesti dove in Sardegna la grande massa dei diplomati geometri e ragionieri possa effettuare la pratica professionale biennale che consenta loro di accedere agli esami per l’iscrizione ai Collegi professionali?
L’iniziativa assunta dalla Regione di finanziare la ricerca universitaria attraverso la legge di bilancio fu l’anno scorso fermata da un rilievo del Governo.
La domanda insistentemente rivolta alle Partecipazioni Statali per istituire centri di ricerca, almeno nei settori dove operano in Sardegna, è pure rimasta senza riscontro.
Occorre uscire da questa situazione perché l’impresa non nasce o non si sviluppa laddove manca quel complesso di condizioni infrastrutturali, finanziarie e di servizi reali indispensabili insieme al sorgere di nuove iniziative e alla formazione contestuale dei quadri.
Questa interdipendenza dei problemi di sviluppo lega insieme lo scioglimento dei nodi storici (trasporti, energia, formazione dei quadri e ricerca scientifica e tecnologica incarnate nella realtà sarda) a quel complesso di politiche necessarie in un’area investiga da una così grave crisi sociale.
Quali debbono essere queste politiche?
– la politica delle grandi infrastrutture dalle quali la Sardegna è stata fin qui quasi esclusa;
– la politica degli investimenti da impegnare anche sul versante pubblico (Partecipazioni Statali, IRI compreso), garantita in ogni caso da un politica del credito non penalizzante e assistita dai servizi reali che gli Istituti di Credito speciale son tenuti istituzionalmente a fornire.
– la politica sociale attiva del lavoro, tendente a offrire ai giovani nuove occasioni di occupazione e opportunità d’intrapresa, recuperando l’ente locale a una funzione moderna di promozione e organizzazione dello sviluppo.
Non mi resta che formulare l’auspicio perché dalle relazioni e dal dibattito scaturiscano indicazioni concrete che possano essere utili a sollecitare indirizzi e forme nuove, valide per una ammodernamento del sistema formativo e professionale in Sardegna.
Quel che posso garantirvi è che esamineremo con molta attenzione e vivo interesse le conclusioni cui perverrà il Convegno.