Presentazione del libro “Americani, comunisti e zanzare” di Eugenia Tognotti

Olbia – Hotel “President” – 22 gennaio 1996

“Americani, comunisti e zanzare” di EugeniaTognotti – Il piano di eradicazione della malaria in Sardegna tra scienza e politica negli anni della guerra fredda (1946- 1950)
presentazione dell’avv. Mario Melis, già Presidente della Regione Sardegna

Voglio preliminarmente sottolineare il mio più vivo apprezzamento per questo nuovo lavoro di Eugenia Tognotti per la lucida ricostruzione dello svolgersi di avvenimenti che hanno mutato il corso della storia liberando il popolo sardo da una sofferenza di millenni: le febbri malariche.
Di ciò hanno altri parlato e parleremo, ma oggi, almeno per me, il tema è politico.
La prima notazione che intendo sottoporre alla vostra attenzione è costituita dalla comparsa nello scenario politico italiano e sardo del P.C.I.; un partito che fondava, oltre che sull’ideologia, nell’organizzazione il suo potenziale sviluppo.
Un’organizzazione articolata nel territorio e nei diversi settori di attività produttiva, sociale e culturale, rigidamente gerarchizzata secondo un crescendo d’autorità decisionale che aveva il suo vertice nella figura del Segretario nazionale; un’organizzazione il cui collante non si esauriva nella subalternità alla gerarchia ma nell’accettazione fideistica di questa.
Questo era il nuovo Partito Comunista che definiva il suo Capo “il Migliore” e proponeva quale obiettivo un mitico mondo di libertà, di benessere, di pace il cui modello individuava nell’Unione Sovietica di Stalin.
Gli avversari politici erano additati come traditori del popolo, alleati del peggiore fascismo; gli stessi socialisti turatiani erano da loro definiti social-fascisti.
Tenere in piedi una siffatta organizzazione comportava un enorme costo finanziario che il Partito Comunista fronteggiava con il ricavato di un attivo commercio esercitato da società controllate di export-import con i paesi dell’area sovietica, con finanziamenti dello stesso Partito Comunista Sovietico e con rilevanti contributi offerti volontariamente dai militanti.
L’esempio comunista divenne subito il modello organizzativo imitato, direi copiato, dagli altri partiti: Democrazia Cristina, Social- democrazia, Partito Socialista, Missini e, in certa misura, lo stesso Partito Liberale.
Anche questi partiti spendevano cifre astronomiche che provenivano, per la D.C. dai contributi di industriali e finanzieri italiani ma altresì dai generosi aiuti americani elargiti nelle forme più diverse: P.OA. – E.C.A. -E.R.P. – U.N.R.R.A. – e, nel nostro caso, E.R.L.A.A.S., ricomprese nel piano Marshall; i socialisti erano più modestamente sostenuti dai laburisti inglesi, i socialdemocratici dai sindacati americani, i repubblicani dalla FIAT e più modestamente dall’Olivetti ed i missini dai nostalgici più o meno potenti del vecchio regime.
Unico partito a non disporre di alcun finanziamento, se non il modesto contributo personale degli iscritti, era il P.s.d’Az. che quindi non era in grado di dispiegare alcuna struttura organizzativa né apprestare uffici di ricerca e di studio; era costretto perciò ad affidarsi al volontariato dei militanti.
Per un certo tempo pubblicava un giornale “Il Solco” che ha tenuto, nei primi anni, periodicità pressoché quotidiana.
Va detto che alle prime elezioni per la Costituente i sardisti furono il secondo partito dopo la D.C. ed alle prime elezioni sindacali si affermarono con larghissima maggioranza in provincia di Nuoro determinando la violenta reazione comunista che culminò con l’omicidio, in Mamoiada del sindacalista Peppino Contu; il dispiegarsi dell’onda organizzativa e propagandistica delle altre forze ne hanno però sommerso e mistificato il messaggio compromettendone pesantemente l’immagine presso gli elettori.
Seconda osservazione: nel rapporto sul Comunismo in Sardegna gli americani sostengono come il proselitismo comunista ha potuto conquistare nuovi consensi nel mondo rurale dopo che il P.S.d’Az. si era spostato su posizioni di centro destra.
Vera la prima parte, falsa la seconda.
La perdita di peso sardista ed il contestuale espandersi della sinistra socialcomunista nel mondo delle campagne non è dovuta a mutamento di posizione politica del P.S.d’Az. ma alla scissione avvenuta al suo interno con l’uscita dal partito della corrente capeggiata da Emilio Lussu ed il loro contestuale inserimento nel Partito Socialista Italiano allora legato con patto di unità d’azione al Partito Comunista ancora di fede stalinista.
Lungi dallo spostarsi a sinistra il Partito Sardo, assunta responsabilità di governo regionale con Gian Giorgio Casu all’agricoltura, Piero Soggiu all’industria e Stangoni ai trasporti, sfidò, primo nella storia politica italiana, i più grandi potentati economico-industrial-finanziari operanti nel nostro Paese.
Con Piero Soggiu sfidò la Edison, considerata allora il più potente colosso della finanza italiana; deteneva il monopolio di produzione e distribuzione dell’energia elettrica.
Ebbene, il P.S.d’Az. con dieci anni di anticipo sulla nazionalizzazione delle fonti di energia, ne dispose la sostanziale regionalizzazione creando l’Ente Sardo di Elettricità alla cui iniziativa si deve la costruzione delle centrali termo-elettriche di Porto Vesme e Carbonia.
La produzione di energia elettrica passò così in Sardegna da 400 milioni di KWH/a – circa 5 miliardi di KWH/a.
Furono così allacciati e forniti di energia elettrica i ben 170 paesi sardi che alla data della raggiunta autonomia non disponevano neppure della luce e men che mai di energia motrice.
Gian Giorgio Casu sfidò, a sua volta, il monopolio lattiero caseario del duo Galbani-Locatelli che sfruttava in termini coloniali le produzioni sarde pagandole a prezzo di piazza, cioè quanto volevano loro.
Ebbene Gian Giorgio Casu diede mano alla politica di finanziamento delle cooperative dei pastori, costruendo i moderni caseifici che consentirono, dopo un lungo e travagliato cammino, di produrre e vendere in proprio, sui mercati internazionali, il formaggio pecorino ancorché non standardizzato dalla tipicizzazione industriale.
Stangoni si trovò di fronte la FIAT (sotto il nome di SATAS o di SITA) che gestiva in solitario monopolio (salvo piccole oasi rappresentate a Sassari dalla SCIA ed in Ogliastra dalla SELAS) gli autotrasporti sardi.
Avevano ben ragione gli americani ad affermare nel loro rapporto che i sardi vivevano in villaggi isolati, di norma scollegati, perché il sistema dell’autotrasporto pubblico toccava solo i paesi più grossi trascurando i bacini di traffico non redditizi. Così venivano percorsi ogni giorno solo 7000 Km. contro i 17.000 che, in meno di un anno, Stangoni è riuscito a servire ricorrendo alle concessioni in favore di imprenditori sardi divenuti concorrenti della FIAT. L’esempio ha dilagato ed in pochi anni si è giunti a superare i centomila Km giorno
Storica (perché unica nella “Storia” dell’industria italiana) è stata la cacciata del Direttore generale della Mineraria Pertusola della Rotschild -penna Roja – ad iniziativa politica del sardista Assessore all’Industria provocando un clamoroso incidente internazionale che ha imposto al rispetto di tutti la dignità del Governo sardo.
Non i sardisti quindi si sono spostati a destra ma una grossa frazione di questi all’estrema sinistra fortemente antiamericana.
Terza osservazione.
L’antiamericanismo dei comunisti corrispondeva al loro filosovietismo. La politica interna, che pur andava inanellando importanti meriti politici e più importanti successi elettorali, era totalmente condizionata dalla politica estera sovietica.
Ma va rilevato, come giustamente si osserva nel rapporto sul comunismo in Sardegna, che la loro opposizione non era in grado di suscitare reali problemi al realizzarsi del progetto gestito dall’ERLAAS e veniva perciò considerata niente di più di una “fastidiosa seccatura”. Nel rapporto se ne spiegano anche i motivi.
Il successo elettorale comunista non nasceva tanto da un’adesione consapevole ai traguardi ideologici leninisti, quanto da un diffuso scontento che, attraverso il voto, esprimeva la sua protesta.
Miseria, analfabetismo, forza di organizzazione e strumentalizzazione elettorale del sindacato erano alla base (secondo il rapporto) di un successo più apparente che sostanziale. Su quelle masse i comunisti non potevano fare affidamento per un’ipotesi rivoluzionaria. Forza che -prevedevano – avrebbero perso con il declino di consensi nel nord industrializzato d’Italia.
Sia pure dopo cinquant’anni l’ipotesi s’è verificata con l’emergere della Lega Nord ed il conseguente netto ridimensionamento del P.C.I. in tutta Italia.
Così come si è peraltro verifica l’ipotesi – pur prevista nello stesso rapporto – che il M.s.i. avrebbe captato voti D.C.
A cinquant’anni di distanza e sia pur per ragioni diverse da quelle ipotizzate nel rapporto il fatto s’è compito ed il voto D.C, si è in larga misura spostato sulle posizioni dell’ex M.S.I.
Nel frattempo infatti il M.S.I, dopo aver abbandonato le nostalgie fasciste, ha assunto posizioni ideologiche apertamente democratico-moderate di tradizionale ispirazione democristiana.
Quarta osservazione.
Posizioni politiche dei partiti rispetto alle iniziative americane in Sardegna. Lo studio della Tognotti rileva con assoluta certezza l’iniziale scopo scientifico umanitario della operazione ERLAAS. Gli americani avevano infatti constatato la diffusione del flagello malarico in diverse parti del mondo e si ponevano il problema del come liberarne le popolazioni che ne erano afflitte.
A questa considerazione se n’e aggiunta un’altra di tipo politico correlata al piano di ricostruzione economica e civile dei territori ex nemici devastati dalla guerra con l’ovvio obiettivo di guadagnarne il favore nel crescente conflitto con la Russia per l’espansione delle rispettive aree d’influenza definite ad Yalta.
La dura opposizione comunista, pur non rallentando minimamente l’attuazione del programma, ha certamente influito nel modificarne l’obiettivo accentuandone l’aspetto politico su quello umanitario.
In effetti però l’opposizione comunista ha sortito l’effetto benefico di rafforzare – nello scontro scientifico apertosi fra le diverse correnti di pensiero degli elaboratori americani del progetto – la ferma determinazione di portarlo a termine.
Ha però negativamente influito sul progetto che doveva seguire; un vasto complesso ed articolato piano di ammodernamento sia dell’agricoltura che dell’allevamento del bestiame in Sardegna. Non sfuggiva agli americani come rompere il circuito malattia -povertà non significasse necessariamente sviluppo.
Erano consapevoli della totale assenza di infrastrutture civili da quelle igienico-sanitarie alla scuola, dalla rete viaria ai servizi, oltre naturalmente a quelle più specifiche finalizzate ai diversi settori dello sviluppo economico (industriali, commerciali, di trasporto terrestre, marittimo, aereo e così continuando).
A pensare allo sviluppo della Sardegna, liberata dalla malaria, non erano affatto, o quanto meno non risulta dal carteggio, i politici americani quanto uomini di scienza e di cultura quali il premio Nobel per la pace Boyd Borr ed altri dell’LH.D. che esprimeva il cenacolo culturale di più alto livello costituente la mente illuminata della Rockfeller Foundation.
Si muovevano sotto l’impulso della grande intuizione Roosweltiana del new deal che aveva salvato l’America dalla spaventosa crisi scaturita dall’isolazionismo Hoovertiano, rilanciandone in modo impetuoso lo sviluppo economico.
Noi sardisti fummo apertamente favorevoli come risulta dai discorsi in Consiglio Regionale e dalle cronache ed articoli firmati dai nostri uomini, sui giornali. I comunisti nettamente contrari.
La verità è che contrario fu, nonostante dai documenti riportati dalla Tognotti risulti diversamente, l’allora Ministro dell’Agricoltura Antonio Segni.
In nome dell’italo patrio sentimento, ma, credo, sopratutto in vista della gestione dei fondi affidata ai centri di potere largamente controllati dai democristiani, Antonio Segni sosteneva che gli americani avrebbero dovuto consegnare i soldi al Governo italiano e che solo questo avrebbe dovuto spenderli.
Ma penso che il Governo italiano, nel suo insieme, sperasse di risparmiare i soldi che si era impegnato a stanziare in favore della Rinascita Sarda con l’art.13 dello Statuto, utilizzando a tal fine le somme disposte dagli americani per l’attuazione del progetto di sviluppo agro-pastorale sardo.
I sardisti per contro operavano una netta distinzione fra il progetto americano e il Piano di Rinascita e considerava il primo aggiuntivo rispetto al secondo. D’altra parte il Piano di Rinascita di cui all’art. 13 dello Statuto era ben lontano dall’essere definito.
Il Governo Centrale ipotizzava infatti il Piano di Rinascita partendo da una cifra fissa di cui la Regione avrebbe dovuto sopportare l’onere per il 50% (progetto Commissione Campus) mentre i sardisti sostenevano che si dovessero preventivamente individuare le grandi necessità (censimento dei bisogni) e quindi fissare la cifra da porre a totale carico dello Stato, perché sullo Stato gravava per intero la responsabilità storica dell’arretratezza sarda.
Il progetto americano doveva essere quindi una cosa a se, aggiuntiva, specifica e specializzata, da realizzare così come si era fatto con l’ERLAAS in un rapporto di collaborazione fra gli americani, gli organi dello Stato e della Regione.
A mio avviso i comunisti finirono con il divenire solo un comodo pretesto per il ritiro degli americani, ma la condizione che ne scoraggiò l’iniziale disegno fu la vischiosa manovra distorsiva del Governo italiano. Ed è così che a cinquant’anni di distanza la malaria è stata eradicata, ma la Rinascita anche per sicura responsabilità della classe dirigente sarda – è ancora da venire.
Fu, credo, un’occasione perduta.
Cultura – Gli americani guardarono al P.s.d’Az. come un fenomeno locale, non radicato nella coscienza, direi nell’anima, del popolo; in verità di questo non conoscevano i valori né la genesi ed erano nelle loro analisi influenzati dalla cultura dominante che era comunista. In effetti confondevano i sardi con le genti meridionali sia sul piano etnico che economico. Mentre è noto come etnia, economia e valori sardi hanno genesi e storia profondamente diversi da quelli che hanno contrassegnato il pur difficile cammino del mezzogiorno italiano.
Il Partito Sardo nella sua storia ha conosciuto l’alternarsi di luci ed ombre, in piena coerenza con il sofferto impegno del popolo sardo ancora prigioniero del groviglio di arretratezze e subalternità che ne hanno impedito, per millenni, un ruolo protagonista.
Luci ed ombre che faranno fiorire, sfiorire e rifiorire un Sardismo sinché nella nostra Isola ci sarà un popolo che, consapevole di se, lotta, soffre e costruisce futuro nella luce di una speranza che non è solo benessere ma libertà.