Trasparenza – intervento giornalistico, anni ’90

Trasparenza –

Era tradizione della Repubblica Veneta sottoporre a rigorosa indagine patrimoniale il Doge che cessava dal mandato. Non già per diffidenza, ma per principio. Accertavano se lui, o familiari (o possibili prestanome) avessero tratto illegittimo profitto dall’esercizio del potere.
E gli esperti della Repubblica Veneta i conti li facevano sul serio. Amavano la trasparenza. Consideravano il potere un servizio reso alla Comunità; ed erano guai per chi rendeva un cattivo servizio; doveva restituire il mal tolto (ed era ovvio), ma risarcire anche i danni della negligente, o inesperta amministrazione.
Nella storia italiana vi sono altri precedenti. I Legislatori costituenti, ad esempio, dopo la caduta del fascismo, hanno istituito una procedura per accertare gli eventuali illeciti profitti di regime lucrati dai gerarchi.
In effetti accertarono ben poco perché i fascisti erano prepotenti, arroganti, violenti, ma non ladri. Sì, certo eccezioni se ne sono registrate anche allora, ma a profittare erano, in genere, gli operatori economici; quasi mai i politici.
Ed oggi ? A quanto sembra : entrambi. Per motivazioni molto originali. In nome dei grandi ideali. I nuovi gerarchi, secondo la prosa di certi giudici, vengono descritti fervidamente impegnati a combattere su tutti i fronti (non disertandone nessuno, proprio nessuno) per sconfiggere il conservatorismo di chi non capisce i valori della stretta connessione fra Stato di diritto e Mazzetta.
Connessione divenuta sistema tanto da configurarsi quale moderna forma di nuovo ordinamento che, pur non avendo il pregio della liceità ne ha, comunque, la forza operativa.
Rimossa così la noia greve e faticosa della ”Politica” ci si dedica anima (si fa per dire ) e corpo a “gestire” l’amministrazione del bene pubblico che, con brevi tocchi ed opportuni passaggi, diviene in buona parte, privato. In favore di partiti o persone poco importa; l’importante è che i beni da “amministrare” siano molti.
La fantasia per arraffarli (che brutta parola ) non ha limiti. Al nord sono ordinati, metodici, razionali, formalmente rispettosi della proporzione sia nella ripartizione del potere che delle mazzette. Né trascurano l’una tantum, per partiti o personaggi minori. A questi ultimi è, per altro, riconosciuto il diritto di tuonare contro la corruzione perché in verità sono poco corrotti date che poco – e non sempre -ricevono.
Al sud sono diversi. Più vivaci; magari meno razionali e metodici, ma più estrosi e fantasiosi. Non per questo meno esigenti. Se si verificano ritardi o rifiuti ricorrono a procedure sbrigative, in certi casi sommarie. La gente capisce e di norma si adegua.
Miliardi, profusione di miliardi che tracimano dagli alvei e s’impaludano nel fango di segreterie partitiche, e nel consumismo borioso e perbenista di gerarchi gonfi solo dell’imparaticcio appreso nei rituali rimasticati di assemblee tanto più vuote quanto più enfaticamente reboanti.
Ed in Sardegna ? Ogniqualvolta mi è accaduto di affrontare questo argomento, sia in privato che in pubblici dibattiti, ho sempre sostenuto che, per grazia di Dio, le forme invasive della camorra e della mafia ci sono sconosciute e che in Sardegna non esiste la criminalità organizzata, ma solo singoli episodi che non elevano la disonestà a sistema. Oggi però sono perplesso. Ho la sensazione che l’episodicità abbia subito una forte accelerazione per cui i ”singoli” diventano moltitudine e quindi sistema. I risultati, pur nella diversità delle forme, sono desolatamente simili alle pratiche in uso al nord come al sud, dovunque si rubi.
Si sente parlare di appalti pilotati; di intere categorie di professionisti militanti in grandissimo numero in un certo partito erogatore di incarichi progettuali milionari, miliardari, multimiliardari. Si parla di consulenze cui corrisponde un blablà scontato ed inutile, mentre i problemi reali si accumulano irrisolti anche perché scarsamente conosciuti e studiati. Si chiacchiera, si insinua, si vocifera, ma nessuno sembra scuotersi dal sonno profondo dall’inerzia.
Ebbene, non è giusto condannare la “Politica” ed i politici in blocco, facendo di ogni erba un fascio. È giunto il tempo di restituire alla politica i suoi alti valori incidendo le piaghe puzzolenti della corruzione, del clientelismo, delle connivenze per stabilire il necessario rapporto di fiducia fra cittadini e rappresentanti. Ladri, estortori e corruttori vadano in galera liberando i cittadini  e la comunità della loro vischiosa e soffocante presenza. Le elezioni non si vincono assoldando schiere compatte di “clienti” affaccendati a cumulare incarichi e denari in cambio di voti e preferenze.
Abbiamo bisogno di gente che faccia con coraggio e semplicità il proprio dovere testimoniando verità e costruendo futuro.
Certo non è mio ideale chiamare Carabinieri, Finanza e Polizia per controllare i politici. Mi sono sempre opposto e continuerò a farlo. Ma i ladri sì. Quelli, politici e no bisogna controllarli; a tutela degli onesti. Che sono tanti. Credo la gran maggioranza. Poi, che male c’è se si avvia una bella indagine a vasto raggio sui possibili illeciti profitti realizzati dai politici in Sardegna?
Io che ho amministrato per oltre sei anni la Regione sia da Assessore che da Presidente (prima ancora il comune di Oliena), sarei lieto di un controllo effettuato su tutta l’attività che ho avuto l’alto onore di svolgere a servizio della comunità. Un controllo che non si esaurisca nella Corte dei Conti.
Sono certo che saranno solidali con me i colleghi che han profuso, nell’assolvimento di pubblici doveri, cultura, intelligenza, entusiasmo ma, sopratutto, sacrificio tanto più esaltante quanto più difficile e contrastato.
Sono altrettanto certo che anche gli attuali amministratori regionali sono disponibili ad affrontare un pubblico lavacro senza riserve né angoli morti perché solo nella glasnost , o trasparenza che dir si voglia, si ricostituisce quell’unità e forza di popolo senza la quale Istituzioni ed Ordinamenti perdono ogni significato.
Caro Presidente, diamo l’esempio: con la luce della verità si riaccende la forza irresistibile della speranza che diventa fiducia.