Dichiarazioni di voto – Senato della Repubblica – 7 ottobre 1976

Discussione:
«Conversione in legge del decreto-legge 18 settembre 1976, n. 648, concernente interventi per le zone del Friuli-Venezia Giulia colpite dagli eventi sismici dell’anno 1976
«Norme per la dispensa dal servizio di leva dei giovani residenti nei comuni delle province di Udine e Pordenone, impiegati nella ricostruzione e nello sviluppo delle zone terremotate friulane» d’iniziativa del senatore Lepre e di altri senatori (Relazione orale):

Presidente Dichiaro aperta la discussione generale. È iscritto a parlare il senatore Melis. Ne ha facoltà.
Melis. Signor Presidente, onorevole rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, il giudizio che il nostro Gruppo dà sul provvedimento in esame è tutto sommato, specie dopo i miglioramenti apportati in Commissione, positivo. Certo, avremmo visto con maggiore favore un tipo di imposizione fiscale che colpisse proporzionalmente il reddito in luogo di questa formula che chiama ancora una volta al sacrificio le grandi masse e finisce con il privilegiare almeno in parte i percettori dei redditi più elevati. Il nostro sistema tributario e l’indisponibilità ancora oggi della anagrafe dei contribuenti non consentano un rapido censimento delle risorse e soprattutto una rapida raccolta dei fondi in vista dell’incalzante urgere dei problemi.
Chiarita questa riserva critica, confermiamo il nostro voto favorevole anche in vista della ferma volontà espressa dal Presidente del Consiglio di colpire con estrema severità quanti guidati da gretto egoismo minacciano, con spregiudicate manovre finanziarie e con il sottrarsi al dovere contributivo, l’equilibrio economico dello Stato.
La sventura che ha colpito le popolazioni del Friuli cade in un momento particolarmente difficile per il nostro paese. La crisi che ne investe le strutture ha assunto proporzioni di enorme rilievo. Solo una volontà politica inflessibilmente volta a correggere non solo gli errori del sistema, ma altresì a comprimere e liquidare le molteplici aree di parassitismo, a recidere i rami secchi dell’economia, ad impostare un nuovo modello di sviluppo che coinvolga le grandi masse popolari e mobiliti, ridando loro la necessaria fiducia, i giovani, che restituisca ai poteri locali, regioni e comuni, quelle capacità decisionali che li rendono protagonisti attivi dello sviluppo, solo riducendo in proporzioni accettabili il dissennato sperpero rappresentato dai consumi privati per dotare la collettività degli essenziali servizi pubblici, solo affrontando con il necessario coraggio e la necessaria gradualità il tema delle grandi riforme il paese potrà uscire dal lungo tunnel dell’insicurezza e darsi finalmente un assetto economico-sociale valido e sicuro, un assetto all’interno del quale la giustizia sociale e la libertà politica restituiscano ai concetto di democrazia il suo significato vero e profondo.
Ma la gravità della crisi non può e non deve frenare o rallentare l’empito di solidarietà suscitato in tutto il paese dalla catastrofe che ha colpito il Friuli. È anzi buona norma moltiplicare unitariamente gli sforzi quando il momento si fa più difficile. La collettività nazionale ha avvertito questa verità profonda dando vita ad una mobilitazione spontanea attraverso iniziative volte a raccogliere dovunque e comunque fondi per il Friuli.
Il Governo deve sapersi rendere efficace interprete delle generali aspettative intervenendo nel Friuli con dinamismo, tempestività ed ampiezza, in un modo tale cioè da scongiurare i funesti errori che hanno caratterizzato l’azione dello Stato in occasione di precedenti dolorose calamità registrate in regioni diverse del nostro paese.
L’eccezionale violenza del fenomeno sismico, il suo ripetersi, quando già era iniziata la ricostruzione, con intensità pari alle prime rovinose scosse, ha reso indispensabile l’istituzione di un commissario dotato di poteri così ampi da proporsi come una figura nuova sostanzialmente sconosciuta al nostro ordinamento giuridico; ma la sua giustificazione politica è nei fatti, nella sconvolgente distruzione dei centri abitati, nell’incombente pericolo di disintegrazione delle comunità friulane, nell’arresto, o quanto meno nel grave rallentamento delle attività produttive, nel vacillare insomma di una convivenza sociale e civile che ha dato alla Nazione contributi originali, non altrimenti ripetibili, frutto di una capacità creativa che fa di questo popolo una componente essenziale della complessa e composita realtà italiana.
Abbiamo perciò in sede di Commissione anche noi insistito non tanto sull’opportunità, quanto sull’obbligo di sottolineare il carattere straordinario di questo tipo di istituzione commissariale fissando un termine al suo mandato. Tutto ciò al fine di condurre la sua competenza, ancorché ampia ed incisiva, nell’ambito dell’emergenza, riservando ai normali organi costituzionali (regione e comuni) i poteri inerenti alla ricostruzione ed alla sua organica programmazione.
Il nostro discorso deve, però, a questo punto arricchirsi di riflessioni critiche, capaci di trovare insegnamento e guida nella immane tragedia che ha colpito il paese in una delle sue regioni più belle e per tanti versi gelosamente cara al cuore di tutti gli italiani.
L’insorgere fin troppo frequente di catastrofi naturali in punti diversi del nostro territorio nazionale ha evidenziato la colpevole carenza di una normativa — lo rilevava poc’anzi il relatore — atta a coordinare lo sforzo del paese per meglio fronteggiare i problemi dell’urgenza e quelli di prospettiva. Accade così che le alluvioni che hanno investito Firenze e larga parte della Toscana, prima ancora il Polesine e la Calabria, i sommovimenti tellurici che hanno colpito la città di Ancona, larga parte dell’Irpinia, le popolazioni del Belice, tanto per citare gli esempi più recenti, così come l’ultima sconvolgente tragedia del Friuli, hanno colto il paese del tutto impreparato.
Ogni volta si è ricorsi all’improvvisazione, mobilitando energie in modo del tutto irrazionale e dispersivo, frustrando elementari aspettative ed offrendo uno spettacolo di incapacità e di impotenza.
Nondimeno la collettività nazionale è stata ogni volta chiamata a sopportare rilevanti sacrifici economici i cui frutti però sono andati solo in minima parte alle popolazioni disastrate.
Dobbiamo quindi saper cogliere questa occasione per elaborare una legge quadro che, nella prefigurazione degli interventi e nell’organizzazione dei mezzi, sia capace di garantire, nel breve volgere di ore, i soccorsi di cui si ha bisogno in relazione alle multiformi esigenze suscitate dalle più diverse ipotesi di catastrofe naturale.
In relazione all’ampiezza territoriale dell’avversità naturale, in relazione all’intensità e rovinosità di questa, debbono scattare con automatismi simultanei o successivi quelle norme di comportamento attraverso le quali dovrà esplicarsi l’azione di soccorso pubblica e privata.
L’organizzazione dei mezzi dovrà articolarsi con adeguati depositi opportunamente distribuiti nel territorio dello Stato, sì da consentire rapidità nell’azione di soccorso. Una dotazione di questo tipo supera quanto di precario e per se stesso insufficiente si è stati costretti ad offrire oggi ai friulani e, nel passato, alle vittime delle altre calamità naturali abbattutesi sul nostro paese.
Al centro di questo quadro istituzionale va visto però l’ente regione che deve arricchirsi di poteri, di capacità decisionali, di dinamismo amministrativo, di libertà operativa non minore di quella conferita oggi al commissario di Governo.
Regione e comuni, liberati da pastoie burocratiche, dotati dei necessari mezzi strumentali e finanziari, affiancati e sostenuti dai poteri dello Stato, da destinatari divengono i protagonisti primi dell’opera di intervento di soccorso.
Non si capisce in virtù di quale logica l’azione di un organo esterno debba considerarsi più provvida ed efficace.
Certo la reductio ad unum di poteri diversi consente, nei tempi brevi, una dinamica operativa ben più efficace ed incisiva di quanto non sia consentito dal concorrere di organi di potere molteplici per il conseguimento del fine comune. Riteniamo però che un tale istituto debba ipotizzarsi nell’ambito dell’ente regione.
Il nostro Gruppo respinge quindi le manovre critiche volte a svilire l’istituto regionale in conseguenza dei gravi ritardi, delle sfasature, degli errori di valutazione riscontrati dalla delegazione interparlamentare nel corso della sua visita alle popolazioni sinistrate. Sono critiche, almeno in parte, legittime che vanno però rivolte ai gruppi politici dirigenti e non alle istituzioni che rappresentano. Così some vengono formulate, contrapponendo cioè l’efficientismo del commissario alle indecisioni e alle lentezze della regione, tradiscono la nostalgia di un potere centralizzato e verticistico ormai superato dal moderno ordinamento democratico.
Sono poi del tutto accettabili le censure mosse alla giunta regionale friulana? L’errore di ritenere possibile il diretto passaggio dalle tende alle case, di cui ci parlava poc’anzi il relatore, lo hanno commesso le forze politiche ed il Governo per primo. Così non mi sembra giusto dimenticare lo sforzo compiuto dalla regione nella vasta opera di restauro delle case danneggiate e di ripristino di quelle infrastrutture di base ricadenti nella sua competenza.
L’imprevedibile ripetersi delle onde sismiche dell’11 e 15 settembre ha vanificato questo importante momento della ricostruzione diffondendo tra le popolazioni un senso di smarrimento e quasi di impotenza.
Giova inoltre sottolineare che, pur in presenza di circostanze così drammatiche, tanto la regione quanto gli enti locali devono operare fra le strettoie di una legislazione corposa, greve, sclerotizzata, soggetta alle normali procedure e infrenata dal rigido sistema di limiti che ne conchiudono la competenza.
Non è certo nostra intenzione sostituirci alle popolazioni del Friuli-Venezia Giulia nel-l’esprimere giudizi, quali che siano, sull’operato dei loro organi regionali, provinciali e comunali; sentiamo però il dovere politico di contrastare manovre più o meno consapevolmente dirette a screditare gli istituti democratici di base.
Il provvedimento sottoposto al nostro esame appare quindi, con le modifiche apportatevi in Commissione, sufficientemente idoneo a fronteggiare l’emergenza. L’illustrazione che ne ha fatto il relatore mi consente una rapida sintesi sui temi proposti dal provvedimento.
Vorrei però sottolineare che il decreto-legge si ispira alle finalità dell’emergenza e tutte le sue norme sono concepite in una visione organica delle esigenze più urgenti suscitate dalla catastrofe che ha sconvolto la società friulana.
La ratio legis che domina l’intero provvedimento è sostanzialmente quella di conservare le strutture economiche, sociali, urbanistiche, culturali ed amministrative proteggendole dall’incombente pericolo della disintegrazione. A questo infatti mirano il massiccio acquisto di alloggi prefabbricati, le norme tese al ripristino e al completamento degli organici del personale degli enti locali, i contributi disposti a pareggio dei relativi bilanci.
Così per garantire la ripresa produttiva e mantenere in vita l’assetto economico sono previsti particolari benefici a favore delle aziende danneggiate: mutui, contributi, sospensione di termini nel pagamento di oneri fiscali e previdenziali.
Per i lavoratori rimasti senza occupazione, o comunque danneggiati, la norma prevede forme di assistenza che, pur non reintegrandoli appieno del danno subito, costituiscono pur sempre un concreto, tangibile, attestato della solidarietà del paese.
La normativa volta a garantire la presenza umana e quindi del lavoro e della vita anche nelle aree dove più massicci sii sono registrati gli esodi prevede tra l’altro l’esonero dal servizio militare per d giovani di leva dei paesi disastrati e la conversione in servizio civile per quelli dei paesi danneggiati.
La continuità della scuola e la salvaguardia del patrimonio artistico costituiscono momenti qualificanti del provvedimento in esame che si fa giustamente carico dei valori culturali espressi dalla popolazione friulana che, nell’inestimabile ricchezza dei suoi monumenti, ha scritto tante pagine della propria storia.
Altri importanti stanziamenti sono previsti per il ripristino dei servizi e delle strutture dei più diversi settori, da quello igienico-sanitario ed ospedaliero a quelli attinenti alle spese demaniali e di culto, alle reti viarie e ferroviarie.
Per salvaguardare i diritti individuali sono previste speciali guarentigie aventi carattere estremamente temporaneo, così come lo stesso aspetto contingente ha tutta la normativa tesa ad offrire l’assistenza ai senza tetto ed a quanti siano stati danneggiati dai fatti sismici.
La provvisorietà dell’intervento si evidenzia e si accentua quando si ricordi che entro il 31 marzo del 1977 dovrà essere completato l’esodo di ritorno onde consentire, da un lato, la ripresa delle attività turistiche nei paesi della costa adriatica e, dall’altro, facilitare agli sfollati il reinserimento nel proprio ambiente naturale nella prospettiva della ricostruzione. Perché questo è il vero obiettivo: una ricostruzione concepita in termini di rinascita e non di semplice ripristino del preesistente.
Spetterà alle popolazioni friulane operare le grandi scelte attraverso le quali suscitare l’empito creativo che dia all’intera regione un aspetto nuovo, dinamico, efficiente e moderno. Spetterà alla comunità nazionale garantire i mezzi finanziari per di conseguimento delle finalità di così alto valore civile. E non già in virtù di un solidarismo emozionale, labile e di corta memoria, ma per la fondamentale esigenza di riportare nel giusto equilibrio economico, sociale e civile le popolazioni delle diverse regioni costituenti lo Stato.
Ed ai poteri dello Stato incomberà l’onere di rendere giustizia a questo popolo che la tragedia del terremoto ha sospinto nella cruda luce della cronaca, ma che va trascinando da sempre le piaghe profonde del sottosviluppo, dell’emigrazione, dell’alienazione culturale e, sostanzialmente, dell’emarginazione.
Il Friuli non è solo una regione di frontiera, un bastione fortificato volto a respingere improbabili minacce esterne, ma un ponte gettato fra l’Italia mediterranea e l’Europa centrale e balcanica, un punto d’incontro tra economie, culture e civiltà diverse. Liberandolo dalle soffocanti servitù militari o riducendole drasticamente all’essenziale, restituendogli pienezza di poteri nel governo del territorio, recuperando l’enorme potenziale di lavoro costituito dalla massa dei suoi giovani, oggi costretti all’emigrazione, attivandone l’economia attraverso adeguati stanziamenti ed il concorso promozionale delle aziende a partecipazione statale, crediamo che lo Stato renderà giustizia a se stesso ancor prima che ai friulani. Ma la rinascita di un popolo ancor prima che economica è culturale.
Il terremoto ha distrutto una rilevante parte del patrimonio culturale friulano, ma vi è una ricchezza indistruttibile che vive nel cuore dei friulani, che gli emigrati si portano nelle terre del loro esilio ed è la loro lingua. Aiutandoli a conservarla, difendendola ed onorandola nella scuola, noi avremo adempiuto ad un precetto costituzionale ed offerto ai friulani lo strumento più valido per la loro rinascita spirituale.
Nel concludere ci associamo anche noi al relatore esprimendo gratitudine alle forze armate, ai vigili del fuoco, agli agenti di pubblica sicurezza, agli altri corpi dello Stato che con la Croce Rossa ed una moltitudine di volontari hanno dato ai sinistrati, nell’ora dell’angoscia, la prova palpitante della solidarietà del paese. (Vivi applausi dall’estrema sinistra, dalla sinistra e dal centro)